Storia d'amore o film di destra? "Il segreto" frenato

di Marco Contino wPADOVA Si sente un perseguitato. Non lo dice ma, in fondo, lo pensa. Antonello Belluco, il regista padovano che dal 2011 lavora alla realizzazione del suo film sull'eccidio di Codevigo - "Il segreto" - torna a parlare di sabotaggio (anche se ammorbidisce il termine correggendolo in "ostruzionismo bonario"), perché insinuare che i partigiani si siano vendicati dei fascisti all'indomani della Liberazione è operazione ancora pericolosa. Già nel 2011 Belluco, un passato tra le fila di Alleanza Nazionale, aveva aizzato la stampa di destra rilasciando una piccata intervista all'editorialista di "Il Giornale" Stefano Lorenzetto. Tra le righe si parlava di un complotto, maturato in più tappe. Il precedente produttore della pellicola - Sergio Pelone - si defila dal progetto facendo evaporare i finanziamenti pubblici già concessi. I collezionisti che avevano già promesso di mettere a disposizione armi e costumi d'epoca chiudono le porte in faccia a Belluco. E così anche le banche. La musica, insomma, si ferma: in tutti i sensi, visto che anche Antonella Ruggiero si rifiuta di interpretare il tema del film dopo un iniziale interesse. Il regista padovano punta l'indice sull'Anpi, l'Associazione Nazionale Partigiani che avrebbe esercitato forti pressioni per scoraggiare la realizzazione della pellicola. Lo ribadisce anche adesso, durante le riprese del film che vanno avanti nonostante gli "ostruzionismi bonari" e l'improvvisa morte di Gerardo Fontana, l'ex primo cittadino di Codevigo nonché sceneggiatore del film, colpito da una ischemia e scomparso il 26 giugno scorso. E Belluco ci tiene a rimarcarlo: «All'epoca mi riferirono di una risposta sibillina del Segretario Generale dei Beni Culturali del Veneto che disse testualmente di non confermare di aver subito pressioni da parte dell'Anpi. Se la lingua italiana non mi tradisce, quella risposta mi sembra sufficientemente chiara». Ora che la troupe sta girando da fine giugno in un triangolo rurale compreso tra Battaglia Terme, Monselice e Codevigo e che l'annuncio della partecipazione al film di Romina Power ha dato nuovo vigore al progetto, Belluco sembra più sereno, pur alternando riflessioni ecumeniche a stoccate pungenti. L'ultima è per il Comune di Crespino, paese di duemila abitanti, che in cambio della concessione della piazza pubblica per alcune sequenze del film ha chiesto alla produzione una polizza fideiussoria di 50 mila euro in caso di danni provocati alla struttura pubblica. Il regista sbotta: «Sono rimasto allibito. Una garanzia del genere mai era stata richiesta prima d'ora dall'ente per iniziative simili». Un caso? Secondo Belluco, c'è ancora una volta lo zampino della politica, più che del fato avverso. «Per pura curiosità, ho chiesto di quale partito fosse il sindaco di Crespino: mi è stato risposto che è un vetero comunista». E di Brigate Comuniste della Post Resistenza parla in termini poco edificanti la Federazione Nazionalista Italiana, ricordando le "gesta" del capitano Arrigo Boldrini nell'aprile del '45. Dalla sua pagina facebook, la Federazione, espressione della destra estrema, ha rilanciato il 20 giugno il suo urlo di sdegno contro i comunisti, tirando dalla propria parte anche Romina Power di cui riporta, con tanto di foto, la reazione scandalizzata per l'ennesimo atto di oscurantismo di una pagina di storia. Per ora Belluco, Crespino a parte, non se la sente di riaccendere la polemica, lasciando, semmai, che siano gli altri a farlo, e concentrandosi piuttosto sulla autarchia del suo film e sul vero significato del progetto. «A tutt'oggi "Il segreto" è finanziato al 100% da privati. Il primo contribuente è un imprenditore romano che non ha alcuna fede politica. Questo non vuol dire che rinuncerò a bussare alla porta del ministero dei Beni Culturali e della Regione, con la differenza che domani non avrò solo una sceneggiatura tra le mani, ma un prodotto già in fase di montaggio. Quanto a tutto il resto, non finirò mai di ripeterlo: il mio non è un film politico o ideologico. È un seme di pacificazione nazionale che voglio innaffiare e far crescere in nome della verità storica. Finché continueremo a serbare rancori e a nascondere nell'armadio gli scheletri del passato, il nostro Paese - come scriveva De Felice a proposito della storia d'Italia - rimarrà un grattacielo costruito su fondamenta di palafitte». Da cattolico praticante che crede nella dottrina sociale della Chiesa in difesa degli ultimi, Belluco vede nella croce che un partigiano consegna nel film al capo delle brigate nere l'unico vero simbolo che resiste nel tempo, oltre la negazione e i revisionismi storici. «È una certezza per chi crede ma anche per chi non crede. La giustizia sociale non ha colore. Solo così potremo risollevare le sorti del nostro Paese. Non è un caso che nel mio film ci siano due protagoniste che si chiamano Italia. La prima rappresenta il passato con tutte le sue contraddizioni e la sue tragedie. La seconda è il futuro, la speranza di potersi scrollare di dosso il silenzio, l'ipocrisia, il regime della bugia e dei valori fondati su palafitte». "Il segreto" sarà davvero solo una storia d'amore? Lo vedremo in futuro, se e quando il film vedrà la luce. Intanto tutti coloro, a destra come a sinistra, che hanno provato a scoperchiare il vaso di Codevigo hanno fatto loro malgrado un passo indietro. Lo storico Lino Scalco ha pubblicato a dicembre il suo libro "Codevigo nella storia e nella coscienza storica: 1866 - 1966" amputato, però, delle 55 testimonianze orali raccolte dal professore per fare luce sulla strage. Mentre un altro regista, Matteo Scialpi, ha preferito per la sua serie di documentari sulla storia del Veneto un taglio più scientifico, piuttosto che impantanarsi in un incauto lavoro di "regime". Del resto la ferita è ancora fresca. Dai fatti di Codevigo sono passati solo 68 anni.