IL GIRO D'ITALIA»NUOVA MAXI-CADUTA AI 30 KM MA VOLATA A RANGHI COMPLETI

di Maurizio Di Giangiacomo wINVIATO A MARGHERITA DI SAVOIA Nella città intitolata alla Regina Margherita, una "pizza" non poteva mancare. Ma ieri la caduta è avvenuta a 30 km dal traguardo e non ha condizionato la volata, questa volta a ranghi completi, affollatissima. Alla quale, senza salite, ha preso parte anche il re Mark Cavendish, che alla pizza ha preferito un bel bis, ancora una volta – come a Napoli – in faccia a Elia Viviani, mentre dietro tra Goss (terzo), Bouhanni (quarto), Gavazzi (quinto) e Hunter volavano sportellate. Una tappa che ha detto poco, anzi, nulla, ai fini della classifica generale: Luca Paolini e la sua Katusha tengono per un altro giorno la maglia rosa; l'unico brivido lungo la schiena l'hanno sentito correre ancora una volta i men in black della Sky, che proprio al momento della caduta stavano recuperando la coda del gruppo dopo aver assistito il loro capitano Bradley Wiggins, che si era attardato all'ammiraglia per un problema meccanico. Ma il galateo dello sport e il gran numero di corridori coinvolti nella caduta – tra questi abbiamo notato Visconti, Rabottini, Canola, Pozzato, Di Luca, Hunter, Oss, Ermeti – hanno consigliato alla testa del gruppo di rallentare, permettendo ai ciclisti in difficoltà di rientrare. Un piccolo contrattempo che fa quasi il paio con il problema decisamente più serio avuto dal Baronetto a Serra San Bruno, quando – con i compagni Uran Uran e Henao a giocarsi la volata – ha perso in pratica il vantaggio che aveva accumulato su Vincenzo Nibali nella cronosquadre di Ischia, alimentando qualche dubbio sulla sua annunciata supremazia. Dubbi che Wiggo dovrà fugare anche oggi, nella tappa di Pescara, che propone parecchie salite e un finale nel quale è lecito attendersi un'altra imboscata come quella tentata a Marina di Ascea prima da Hesjedal e poi dallo stesso Nibali, con il britannico della Sky non proprio reattivo. Nell'anniversario della scomparsa di Wouter Weylandt – ricordato anche da Cavendish, che è salito sul podio con il numero 108, il dorsale che il belga indossava quel maledetto 9 maggio 2011 – volata doveva essere e volata è stata. Ci mancava altro: 169 chilometri piatti come un biliardo, gli ultimi lungo due giri di un circuito praticamente quadrato e privo di vere insidie. Ma qualcuno che prova a sottrarsi al destino di tappe già scritte come questa c'è sempre: gli impavidi di ieri si chiamavano Wurf (Cannondale) e Borbridge (Blanco). I due australiani vanno in fuga già ai primissimi chilometri e arrivano ad accumulare fino a sei minuti e mezzo di vantaggio, ma quando il gruppo – trainato ovviamente dalla squadra di Cavendish – decide che la ricreazione è finita, si torna nei ranghi. Alle porte di Margherita di Savoia la caduta, con Wiggins attardato e il gruppo che lo attende. Poi cominciano le grandi manovre per la volata: Orica GreenEdge (per Goss) e Argos Shimano (per Degenkolb) tentano il ribaltone, ma comanda la Omega, che conduce Cavendish in carrozza ai 200 metri. Poi ci pensa il re. @mauridigiangiac ©RIPRODUZIONE RISERVATA