Anna e il porno femminista «Ma in Italia, solo veline»

GORIZIA Si chiama Anna Thompson ma in arte, e per i consumatori del mercato soft e hardpornografico, è Anna Span, cineasta inglese con la passione per la sensualità e i suoi multiformi meandri sin da quando, poco più che adolescente, ha deciso di dedicarsi alla rappresentazione del piacere sessuale in una forma capace di coinvolgere anche le donne, anziché utilizzarle come semplice oggetto dell'immagine pornografica. Anna Span è ospite oggi di FilmForum Festival a Gorizia, dove una sezione "storica" della manifestazione è appunto dedicata ai porn studies, ovvero alla pervasività dell'immaginario di genere. Candidata per i Democratici alle politiche 2010 in Gran Bretagna («perché dare identità e dignità alle persone attraverso la rappresentazione del piacere è di per sé un atto politico»), Anna Span, classe 1972, laureata in belle arti e cinematografia, è oggi un nome molto noto nel suo Paese, protagonista di talk show e opinionista particolarmente ricercata. Il suo è un impegno sul versante del cinema hardfemminista: «Laddove» dice «l'Italia resta purtroppo il regno dello sterotipo nell'immagine che rimanda della donna, dalle veline alla femmina lavapiatti e casalinga. Mi sembra di tornare all'Inghilterra anni Settanta. Oggi il 30% delle donne consuma pornografia, sul web o con video. Il mio modo di fare cinema ne tiene conto: cerco non solo donne ma anche uomini attraenti, come protagonisti dei miei film, non rinuncio all'ironia, mi dedico a generose inquadrature sugli uomini anziché indugiare solo sulle protagoniste: così rendo giustizia anche allo sguardo delle spettatrici e non solo del pubblico maschile. Detesto, però, utilizzare parti del corpo per promuovere i miei film: bando ai seni enormi o agli uomini con grandi attributi. Mi piace rappresentare le persone normali». In Italia, dice Anna, «si preferisce tradire, anziché condividere materiale erotico con il proprio partner. Invece il porno è più innocente di quanto si creda: tiene insieme molte relazioni perché permette di esplorare fantasie. È la democrazia del corpo».