Sognatori e visionari Uniti da un solo grido «La Lega ha tradito»

Chi li ha numerati, ad uno ad uno, stima il loro numero variabile tra i 23 e i 31: sono i movimenti,le associazioni, gli enti, i blog che si ispirano alla cultura veneta, con una forte accentuazione degli aspetti legati all'autonomia e all'indipendentismo. Un arcipelago indefinibile, molto litigioso e spesso inconcludente. Con l'avvento della rete internet, la polverizzazione è aumentata a dismisura e anche un paio di persone possono arrivare a proclamarsi "movimento". Solo alle prossime elezioni politiche ci saranno tre sigle che si rifanno dichiaramente all'indipendenza del Veneto, senza contare la Lega Nord. Sono la Liga Veneta Repubblica (di Fabrizio Comencini), la sigla Veneto Stato (il segretario è Antonio Guadagnini) e Indipendenza Veneta (di Ludovico Pizzati). Fanno parte di questo arcipelago l'Augoverno del Popolo Veneto, il Movimento di Liberazione nazionale del popolo veneto, la Life, il Serenissimo Veneto Governo, Unione Nordest. E poi ci sono l'associazione Raixe Venete, che promuove la festa dei popoli veneti a Cittadella, l'Associazione culturale Bepin Segato, la Radio nazionale veneta, le Venetie per l'autogoverno, il Comitato Belle Costumanze veneti, Europa Veneta, Xoventù independentista e molti altri. di Daniele Ferrazza wPADOVA «Questa è Radio Nazionale Veneta. Chi vi parla è Germano Battilana. Stiamo trasmettendo dai liberi territori veneti ed oggi parliamo di...» L'emittente del Veneto Serenissimo Governo, che ha sede a Cassola, tra le province di Vicenza e Treviso, si definisce «Voce della Resistenza del popolo marciano» e non è l'unica a propugnare fieramente l'indipendenza del Veneto dal resto d'Italia. A Rubano, alle porte di Padova, c'è la sede dell'Autogoverno del Popolo Veneto che dal 1999 ha ricostituito i territori della Repubblica Serenissima da Bergamo a Udine «fino ai comuni di Crema e Monfalcone». Presidente è un controverso personaggio padovano di 45 anni, Loris Palmerini, che descrive nel suo stesso sito le traversie di questo strampalato governo, con scissioni, espulsioni e golpe più o meno riusciti. Tra i silurati c'è anche Daniele Quaglia, trevigiano di Conegliano, che non ci ha messo molto a proclamarsi «Presidente del Parlamento delle Istituzioni di Autogoverno del Popolo Veneto». «Io matto? Se credere all'indipendenza del Veneto dal resto d'Italia è essere matti allora sì, sono matto» ammette non senza ironia. Nel 2001 aveva lanciato le prime elezioni libere del popolo veneto, con tanto di schede per individuare Sindaco, Prefetto, Questore, Presidente del Tribunale, Procuratore Capo, Magistrato alle Acque, Direttore dell'Ufficio delle Entrate, Direttore Generale di Ospedale, Comandante in Capo di Regione di ogni forza Armata, Capo della Polizia Nazionale Veneta. Luciano Franceschi, il commerciante di Borgoricco che ha sparato al direttore di banca di Campodarsego, per un po' si era affascinato a questi riti e li aveva frequentati con assiduità. Nel 2009 un salto di qualità organizzativa non era sfuggito al Procuratore capo e al Questore di Treviso: l'istituzione di una Polisia veneta era finita con un'inchiesta per costituzione di associazione paramilitare e nel sequestro di nove pistole, due fucili a pompa e 727 proiettili. Dentro a questo arcipelago non c'è da stupirsi se, dall'ennesima scissione, nascono gruppi che non escludono l'uso delle armi. Sergio Bortotto, a capo del Movimento di Liberazione Nazionale del Popolo Veneto, sottoscrive la lotta «contro questo male che è l'Italia… anche se ci fosse bisogno di un epico scontro come lo fu storicamente a Lepanto, prepariamoci a forgiare il nostro destino». Messaggi molto distanti dalle tesi storico culturali della maggioranza dei movimenti indipendentisti veneti, che cercano di scardinare, anche giuridicamente, la validità del «plebiscito truffa» con il quale, nell'ottobre 1866, il Veneto entrò a far parte dell'Italia. Tesi che si collegano alla richiesta di referendum per l'autonomia promossa da «Indipendenza veneta» di Ludovico Pizzati e maliziosamente fatta passare anche dal consiglio regionale del Veneto (il 56% dei veneti sarebbe favorevole). Molto diverso dall'autonomista friulano, l'indipendentismo veneto somiglia a un fenomeno carsico che affiora e torna sotto. Non prende piede la voglia di secessione nel Bellunese - i referendum hanno mancato l'obiettivo del quorum – ma non decolla nemmeno il sentimento venetista. Colpisce la polverizzazione e la litigiosità delle molte sigle. Con toni e sfumature diverse, l'unico punto sul quale sono d'accordo è nel definire la Lega Nord, nel migliore dei casi, come un «traditore dei veneti». Ettore Beggiato, che di questi movimenti è profondo conoscitore, ammette che il vizio originario sta nel carattere del popolo veneto: «Siamo individualisti, incapaci di fare squadra e sintesi. Così, siamo sempre succubi di qualcun altro». «Ai veneti piace essere comandati - aggiunge il consigliere regionale Mariangelo Foggiato - servi di Roma o di Milano, non saremo mai capaci di prendere in mano il nostro destino». Molti riconoscono nelle elezioni del 1983 l'apice del sentimeno venetista, con l'elezione da parte della Liga veneta di due parlamentari: il venditore ambulante di Farra di Soligo Graziano Girardi e il professore padovano Achille Tramarin, grazie ai voti della Pedemontana trevigiana e vicentina. Per capire il Veneto profondo bisogna tornare ancora là, tra Vittorio Veneto e Valdagno, dove più forte e capillare è stato l'insediamento delle partite Iva e dove la Lega Nord ha raccolto messe di voti. Adesso chi piace di più è Beppe Grillo. @dferrazza