Così Ramazzini scoprì che il lavoro può far ammalare

Strana opera "Le malattie dei lavoratori" di Bernardino Ramazzini. Strana perché ancora oggi ampiamente leggibile, per il gusto della osservazione ma anche dell'aneddoto. Ramazzini legge i classici latini con un occhi particolari. Per lui Plauto e Marziale sono funzionali alla medicina. Se Agricola scrive di una donna dei Carpazi che diventa sette volte vedova, Ramazzini ne deduce che evidentemente sposava minatori la cui alta mortalità era nota. Ramazzini dunque impara dal passato, ma anche dal presente. Vedendo le posture di ciabattini e cucitrici, visitando scrivani presbiti e fabbri cisposi Ramazzini aveva capito che di lavoro si viveva, ma anche si moriva. Per esempio aveva intuito i problemi polmonari che poteva causare il lavorare col gesso; aveva capito che le diete dei marinai erano disastrose; aveva sospettato, anche se non osava dirlo chiaramente, che i digiuni monacali e soprattutto la verginità delle suore non erano esattamente salutari. di Nicolò Menniti-Ippolito wPADOVA Spesso basta una intuizione per assicurarsi un ruolo di rilievo nella storia di una disciplina scientifica. Bernardino Ramazzini da questo punto di vista ha ecceduto. Quando lo si trova citato, il suo nome è accompagnato da titoli di merito molto diversi tra loro: il padre della medicina del lavoro, il padre della moderna epidemiologia, il padre della medicina preventiva oppure riassuntivamente il padre della medicina sociale. Del resto per un medico del settecento non è usuale trovarsi positivamente citati tanto nella bibbia del liberismo economico, il "Saggio sulla ricchezza delle nazioni" di Adam Smith, quanto nel "Capitale" di Marx. Ora la Cierre edizioni pubblica, a cura di Franco Carnevale, Maria Mendini e Gianni Moriani, contemporaneamente in edizione italiana ed inglese, le "Opere mediche e fisiologiche" di Bernardino Ramazzini presentate ieri all'Archivio antico del Bo. L'edizione inizia con quello che è il libro più famoso di Ramazzini, quel "De morbis artificum" (Le malattie dei lavoratori) che segna una svolta epocale nella rapporto tra lavoro e salute. La data di pubblicazione, il 1700, è la stessa in cui Ramazzini arrivava, ormai anziano, alla cattedra di medicina dell' Università di Padova. E forse non è un caso, perché, certo, la chiamata derivava dalla fama conseguita precedentemente da Ramazzini, ma il ricoprire ora una cattedra universitaria così importante significava anche dare solidità alle proprie tesi. Ramazzini era nato a Carpi, aveva studiato a Roma, aveva fatto il medico condotto nel principato di Castro, proprietà dei Farnese e lì, a contatto con la gente comune aveva scoperto l'arte della osservazione, dell'analisi dei comportamenti abituali dei lavoratori. Del resto Ramazzini non era un illuminista anzi tempo era un figlio del pensiero scientifico secentesco, di Galileo, di Harvey, della genia degli anatomisti padovani e per questo arrivare a Padova lo inorgogliva. Ed allora a sessantasette anni aveva abbandonato l'Università del Ducato natio, per godersi la cattedra dei maestri della medicina e non a caso una parte degli scritti pubblicati sono proprio le sue orazioni universitarie patavine, per lui così importanti perché gli permettevano di delineare al mondo il suo pensiero, che per la prima volta, seguendo le piste dell'amico Leibniz, univano corpo e spirito. Ma non ci si ferma qui. Letteralmente si trova nei testi di Ramazzini qui pubblicati una affermazione vitale e fondamentale che lega inscindibilmente il nome di Ramazzini alla prevenzione. «Prevenire è meglio che curare» –dice apertamente il professore dell'Università padovana - e si spinge più in là scrivendo il primo vero trattato di medicina preventiva, dedicato a chi fa il mestiere di principe. Ma Ramazzini intuisce anche che i medici la prevenzione non la amano ed infatti il testo lo pubblica a sue spese, un po' sfottendo, nella introduzione, quei medici che vogliono solo curare e non, soprattutto, far star bene il malato. Ed ancora va ricordato il Ramazzini epidemiologo, di cui sono pubblicati scritti che coprono gli ultimi dieci anni del Seicento. Aveva capito, Ramazzini, che la salute pubblica era un tema composito, centrale, capace di rafforzare ed indebolire gli stati e poco gli importava di essere capito o meno fino in fondo. Perché era un uomo tranquillo, che però le polemiche non le disprezzava, anzi fu protagonista di scontri epici con altri medici che lo guardavano un po' storto. E non sempre, bisogna dirlo, Ramazzini aveva ragione, ma certamente era uno capace di guardare più in là.