Una difesa più efficace e attenta dei nostri beni culturali


«Mantenere sempre viva l'attenzione sulla salvaguardia di tutti i beni culturali, che si esprime attraverso la tutela prima e la valorizzazione poi» è il sintetico ma esaustivo il commento di Pietro Scarpa all'apertura del convegno di ieri all'Ateneo Veneto.
Convegno che voleva fare il punto sulla situazione della salvaguardia del nostro patrimonio storico-artistico, un unicum nel contesto mondiale. Patrimonio, spesso a rischio di furti, sul quale vigila il Nucleo per la Tutela dei Carabinieri, che come ha affermato il suo Comandante, il generale Ugo Zottin, con 300 unità che lavorano negli undici nuclei nazionali insieme al reparto operativo di Roma, ha una percentuale di recupero che nei 35 anni della sua storia è stato del 27% circa. Nel 2004 però sono stati recuperati 20.000 oggetti rispetto ai 18.000 trafugati, il che vuol dire che sono tornati ai legittimi proprietari anche beni asportati negli anni precedenti.
Patrimonio a rischio in periodi di guerra e di attentati terroristici, come avvenne nel 1993 quando vennero fatte scoppiare alcune bombe all'Accademia dei Georgofili a Firenze. Un problema spinoso questo sollevato da Roberto Cecchi, direttore generale Beni Culturali e Paesistici, anche perché riguarda non solo i milioni di oggetti mobili, vale a dire dipinti, sculture, oreficeria o quant'altro possa avere un valore artistico e storico, ma anche l'immenso patrimonio architettonico.
Il problema di salvaguardare il tutto è immane, dice Cecchi, seppur i musei siano ben più attrezzati per quel che riguarda la sicurezza di quanto non lo fossero solo pochi anni fa. Una grande attenzione dunque, senza arrivare comunque alla «militarizzazione» del Paese.
Il tema della difesa del nostro patrimonio ha preso spunto dalla proiezione integrale del filmato La lista di Pasquale Rotondi, Soprintendente di Urbino dal 1939, quando l'Italia era a un passo dall'entrata in guerra. «Forse oggi abbiamo scoperto un eroe», ha detto l'assessore Miraglia consegnando il simbolo del leone alato alle due figlie di Rotondi, Paola e Giovanna, che per anni è stata Soprintendente per Genova e la Liguria. Già perché la storia di Rotondi è una storia mitica, rimasta forse troppo nell'ombra per tutti questi anni. Uomo mite e schivo, fu l'artefice della salvezza di oltre ottomila opere d'arte conservate in ogni luogo d'Italia.
Lo spettro della guerra aleggiava inquietante e si decise che tutto quel che c'era di importante doveva essere trasportato in un luogo sicuro. Rotondi decise che i luoghi perfetti erano il Castello di Sassocorvaro e il Castello dei Principi di Carpegna, due piccoli paesi sperduti del Montefeltro. Dal giugno del '40 iniziarono ad arrivare opere di Caravaggio, Raffaello, Piero della Francesca, Perugino, Tintoretto e Leonardo. Da Venezia giunsero 56 casse con dipinti di Bellini, Mantenga, Tiziano e la straordinaria Tempesta (foto) del Giorgione, oltre alla Pala d'Oro e al Tesoro di San Marco.
Sembrava che tutto procedesse per il meglio fino a quando arrivarono i tedeschi, che sembrava volessero trafugare il tutto, senza poi per fortuna riuscirci. Rotondi, senza più aiuti da Roma e con solo alcuni fidi collaboratori, riuscì a portare i dipinti più importanti a casa sua, sotto il letto. Salvò non solo le opere, ma anche l'anima del nostro Paese.

Alessandra Artale