Benedetti: uscire dall'Europa sarebbe un danno
UDINELe imprese «hanno bisogno di certezze» e, insieme ai mercati, di stabilità. Sono le priorità indicate da Gianpietro Benedetti, presidente del Gruppo Danieli, che non si esprime sulle tipologie di un futuro governo, ma sulle questioni cruciali su cui dovrà concentrarsi. Una fra tutte «l'aumento del Pil» e il recupero di fiducia e credibilità del Paese.Ci aspettavamo un governo del presidente che mettesse un argine all'instabilità, invece tutto rinviato a domani mattina, con l'incognita voto forse già a luglio. Come vive una grande azienda questa situazione?«Le aziende credo abbiano bisogno di certezze per poter definire una vision operativa per i prossimi 3/5 anni».Meglio al voto subito o meglio un governo neutrale?«Francamente non ho un'opinione in quanto dipende molto dalla vision e programmi che hanno in mente i responsabili della politica italiana e di chi sarà al Governo. Comunque credo sia urgente mettere a punto il prossimo bilancio e programmi di gestione spesa pubblica, riforme e quant'altro per tenere in equilibrio le spese e il Pil producibile dal Paese. Ritengo sia indispensabile per mantenere la fiducia sin qui avuta dei mercati finanziari che sono chiamati a concederci credito per far fronte al costo di struttura del Paese. Più o meno gli stessi concetti che una volta venivano attribuiti ad un "buon padre di famiglia". Ma invito a restare positivi che, alla fine, si farà quello che serve».Tra le priorità?«Il prossimo Governo dovrà occuparsi di pianificare come gestire l'impatto con la fine del Quantitative easing della Bce, introdotto da Draghi oggi alla fine del suo mandato, che potrebbe combaciare anche con un raffreddamento della crescita attuale. Ed è per questo che si dovrebbe puntare ad aumentare il Pil favorendo l'impresa e l'intraprendere e fare quello che tutti sanno essere necessario. Senza l'aumento del Pil l'alternativa è ridurre i costi in termine di riduzioni di servizi, pensioni, stipendi, ecc., e non penso sia auspicabile. L'Italia deve rinnovare un credito mensile di circa 80 miliardi di Euro. È agile il conto su quanto costi l'aumento degli interessi, ammesso di trovare chi rinnova il credito, operazione non scontata se il Paese non mantiene la propria credibilità e la fiducia da parte dei mercati finanziari».Che ne pensa del vento antieuropeista?«Credo dipenda anche dal fatto che da molti anni abbiamo attribuito tutti i nostri problemi all'Europa, alimentando la speranza che fuori dall'Europa faremo meglio. Ma non credo sarebbe così. L'esperienza della Grecia dovrebbe insegnare qualcosa». (e.d.g.)