Assolto il padre della nuotatrice

Il Tribunale arbitrale di Losanna (secondo e ultimo grado della giustizia sportiva) ha scagionato completamente il papà della nuotatrice quindicenne padovana e ridotto la pena a 5 anni per il medico Enrico Lazzaro. In primo grado il genitore era stato inibito per 20 anni e il dottore con studio a Montegrotto aveva subito l'inibizione a vita. La situazione quindi migliora per entrambi.
La sentenza del tribunale nazionale antidoping era del 2010. La sanzione dell'inibizione a vita per il medico (ora ridotta) riguardava la possibilità di rivestire cariche o incarichi all'interno del Coni, delle Federazioni sportive nazionali e delle Discipline sportive associate; a frequentare in Italia impianti sportivi come stadi e spazi destinati al personale addetto e ad atleti anche amatoriali; a prendere parte a manifestazioni o eventi sportivi che si svolgono sul territorio nazionale o sono organizzati da enti sportivi.
Un divieto di esercitare l'attività di medico sportivo pure con atleti non professionisti. Lazzaro era accusato di aver violato gli articoli 2.7 e 2.8 del codice Wada (Agenzia mondiale antidoping) in quanto avrebbe sottoposto a cicli di ozonoterapia per emotrasfusione maggiore quattro atleti, tra loro la quindicenne padovana all'epoca iscritta al team Veneto Nuoto. Il dottor Lazzaro si difese, supportato dai suoi consulenti tecnici - il professor Santo Davide Ferrara, direttore dell'Istituto di medicina legale di Padova e il professor Da Re - replicando che l'ozonoterapia per autoemotrasfusione maggiore non può essere considerata una pratica dopante.
La procura del Coni aveva sostenuto l'accusa e sollecitato la condanna, avvalendosi degli stessi consulenti della procura padovana. Al padre della nuotatrice (assistito dall'avocato Alberto Toniato) veniva contestato di aver favorito la somministrazione di una pratica dopante alla figlia (assolta in precedenza). I due processi (di Lazzaro e del padre della nuotatrice) sono stati trattati singolarmente, nonostante fossa stata richiesta la riunione. La ozonoterapia è stata ritenuta una pratica non dopante negli effetti: sono emerse forti contraddizioni nelle diverse consulenze. Le contestazioni al medico (difeso dall'avvocato Patrizia De Natale di Milano) riguardavano più casi e non solo quello dell'atleta padovana.

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Carlo Bellotto