La grande frenata delle economie Crescita dimezzata in un anno

focusstefano giantinNere ombre si allungano sui Balcani, quest'anno. E potrebbero essere ancora più cupe l'anno prossimo. Sono quelle che si stanno addensando sulle economie della regione - ma anche di gran parte dell'Europa centro-orientale - provocate dalla guerra in Ucraina e dal conseguente aumento dell'inflazione e dalle incognite sul fronte energetico. L'effetto: non una recessione, ma un forte rallentamento della crescita, problema non da poco in un'area che deve galoppare più dell'Europa più avanzata per recuperare posizioni e costruire ricchezza.Si possono riassumere così le previsioni dei "Regional Economic Prospects 2022" della Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (Bers), pubblicate ieri, con un sottotitolo che evoca un «inverno freddo alle porte» e peggio ancora un 2023 difficile per tutto l'Est, inclusi i Balcani, dopo la ripresa post-Covid. I problemi incombenti derivano in particolare dalle «ridotte forniture di gas dalla Russia» e «dall'inflazione che monta» e che azzopperà economie non solidissime, si legge nello studio. Economie, quelle balcaniche, che continueranno a crescere, ma assai meno di quanto si sperasse. Per il 2022, l'anno in corso, si prevede una crescita media del +3,2% di pil per i sei Paesi extra-Ue della regione, un tasso più che dimezzato rispetto al 7,6% del 2021. Un ulteriore rallentamento è atteso nel 2023, con un 3% di crescita media, quasi un punto percentuale in meno rispetto a quanto la Bers aveva previsto per la regione solo qualche mese fa. Con la speranza, annota al Banca, che il tasso di crescita non scenda ulteriormente: la realtà potrebbe essere diversa, se le debolezze strutturali delle nazioni della regione saranno colpite dalla nuova crisi causata dalla guerra in Ucraina. Per l'Albania, ad esempio, si teme in particolare «la crescita dell'inflazione che potrebbe minare consumi delle famiglie e investimenti», ha messo le mani avanti la Banca nel suo rapporto. Per la Bosnia, oltre all'inflazione, è stato sottolineato il rischio «di un rallentamento» dell'economia causato da un potenziale raffreddamento dell'export verso l'eurozona. In Kosovo, ancora oggi lo Stato più povero dell'area, i timori maggiori riguardano «gli alti prezzi al consumo che pesano su redditi» già bassi, e fanno paura anche «gli aumenti dei prezzi dell'energia d'importazione» in vista «della stagione fredda». Inflazione che impensierisce anche in Macedonia del Nord, dove ha toccato quasi il 17% ad agosto, segnatamente causa l'aumento dei prezzi del cibo e dell'elettricità.Ad allarmare la Bers sul piccolo Montenegro è invece «l'instabilità politica» che si protrae dall'estate e che potrebbe «ritardare investimenti pubblici e riforme» quanto mai necessarie. Infine, la Serbia, il Paese più vicino e dipendente dalla Russia, anche in economia. Serbia che condivide con le nazioni vicine le difficoltà più pesanti al momento: inflazione che cresce (al 13,2% ad agosto), deficit che si approfondisce, prezzi dei carburanti in continuo aumento, ma anche l'inverno che si avvicina e «sarà un test» per il governo a causa dei problemi di approvvigionamento di carbone.Belgrado però continua a essere «leader» nell'attrarre investimenti dall'estero, malgrado la decelerazione della crescita, ha detto il ministro delle Finanze Sinisa Mali. Lo spazio per l'ottimismo è però è ridotto. Sono «tempi preoccupanti», ha dichiarato la capo-economista della Bers, Beata Javorcik: «I costi della guerra stanno diventando sempre più evidenti, giorno dopo giorno». Anche nei Balcani. --