«Piombino e Ravenna non basteranno subito un rigassificatore a Gioia Tauro»
«Gli impianti di Piombino e Ravenna non bastano. Il governo si impegni nella realizzazione anche del rigassificatore di Gioia Tauro». L'appello arriva dal sindaco di Torino, Stefano Lo Russo che, oltre ad essere primo cittadino, è professore ordinario di geologia applicata e componente del Board dell'Energy Security Transition Lab (EST) presso l'Energy Center del Politecnico di Torino. Un tema, quindi, a lui caro per la sua esperienza professionale già precedente all'impegno alla guida del capoluogo piemontese. Perché ritiene importante la costruzione di questo terzo impianto?«Partiamo dal ricostruire i fatti. Iren e Sorgenia hanno controllano al 50% ciascuno una società che ha in pancia l'autorizzazione per realizzare un rigassificatore su piastra fissa nel porto di Gioia Tauro. Un vecchio progetto, poi fermo, che però ha già ottenuto la valutazione di impatto ambientale. La capacità di rigassificazione prevista è di 12 miliardi di metri cubi annui (circa un quinto del fabbisogno italiano), il costo stimato dell'impianto è di circa 1 miliardo e si prevede che può essere pronto in 3/5 anni. Realizzarlo sarebbe molto importante perché servirebbe a colmare quasi tutto il gap che ci manca per sostituire il gas dalla Russia, includendo la capacità dei due nuovi futuri rigassificatori galleggianti che vanno comunque fatti ma non bastano. Con Gioia Tauro, quindi, potremmo chiudere completamente i rubinetti russi».Come mai questo progetto è rimasto fermo?«Il governo guarda con grande attenzione a Piombino e Ravenna. Ma si può pensare di dichiarare questa terza opera una struttura strategica nazionale facendo contribuire vari operatori: non solo Iren e Sorgenia che hanno il progetto ma anche altri soggetti come Eni e Snam. Inoltre Gioia Tauro costa meno perché è un impianto su terra e non flottante offshore. Un'altra considerazione che ha fermato il progetto è il collo di bottiglia di Sulmona sul gasdotto nazionale che impedirebbe il trasporto verso nord. Ritengo sia un problema che può essere risolto in tre anni, esattamente quanto richiede la costruzione dell'opera. Si tratta di una questione non solo di sicurezza nazionale ma anche europea. Aprire Gioia Tauro e risolvere Sulmona consentirebbe l'eventuale esportazione del gas liquefatto, contribuendo ad alleggerire la dipendenza dal gas russo non solo nostra ma anche di altri Paesi della Ue».Quale impatto avrebbe per il Sud?«Si può avviare intorno all'impianto un'industria del freddo e quindi sviluppare a Reggio Calabria un'industria ittica e alimentare. Oltre a poter favorire la riconversione dell'ex Ilva di Taranto da carbone a gas. Ne ho discusso con il presidente della Calabria, Roberto Occhiuto, e concorda con me». Oggi per aiutare le famiglie si può pensare di inasprire la tassa sugli extraprofitti?«C'è un problema di fondo. Tutti pensano che a realizzare gli extraprofitti siano le utilities. Invece è un vantaggio che ha soprattutto chi fa trading sul prezzo del gas in Borsa. Gazprom non fermerà le forniture ma le ridurrà per far alzare il prezzo, quindi chi sta facendo davvero profitti enormi, oltre alla multinazionale russa, è chi compra ad Amsterdam dai russi e poi rivende sui mercati europei. Le utilities hanno comunque a oggi pagato la tassa sull'extraprofitto come richiesto dal governo».Si potrebbe pensare almeno di abbassare l'Iva?«Sarebbe giusto. Quando c'è un aumento tariffario con l'Iva agganciata alla tariffa aumenta anche il gettito. Sono d'accordo con le categorie produttive, se si vuole dare una risposta immediata ai rincari non si può che tagliare l'Iva. È una proposta condivisibile, che va sostenuta».Confcommercio ha chiesto ai commercianti e ai ristoratori di esporre in vetrina le bollette per sensibilizzare le persone sull'aumento dei costi. La ritiene un'iniziativa corretta?«Hanno ragione perché sono le categorie economiche più esposte e quelle su cui gli effetti si traducono direttamente in una riduzione forte del reddito. Hanno tutta la mia solidarietà. Le amministrazioni locali stanno già facendo il possibile e devono fare i conti con l'aumento delle proprie bollette. È bene che intervenga il governo».Come giudica la scelta del governo di non erogare sconti sulle bollette alle famiglie che hanno il teleriscaldamento?«Avevamo chiesto che già nel decreto Aiuti fossero inseriti gli sgravi per il teleriscaldamento, invece il governo ha deciso diversamente, escludendo la quota di gas usata per questa fonte energetica ed equiparandola a quella per usi domestici. C'è stata una resistenza del sistema piuttosto robusta, siamo solo quattro città del Nord (Milano, Brescia, Varese e Torino, che è la città più teleriscaldata d'Europa, ndr) ad aver chiesto di inserire il teleriscaldamento tra le destinazioni d'uso finali del gas sgravate fiscalmente. A suo tempo non era avvenuto, nei prossimi decreti il governo deve includerlo altrimenti gli investimenti virtuosi fatti nei decenni precedenti al fine di efficientare il sistema, ridurre l'inquinamento dell'aria generato dai singoli impianti e ottimizzare i costi per gli utenti rischiano di rivelarsi un boomerang. Questo è profondamente sbagliato oltreché ingiusto, rischiamo di venire penalizzati doppiamente». --© RIPRODUZIONE RISERVATA