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Stefano GiantinUna battaglia vinta e poi altri fronti - gli ennesimi - che si riaprono dopo poche ore, gettando nello sconforto autorità, residenti, Vigili del fuoco e volontari. È interminabile e durissima la guerra che si combatte da giorni sul Carso sloveno, interessato da quello che le autorità di Lubiana hanno definito «il più grande incendio» in Slovenia dalla sua indipendenza a oggi. Incendio che, dopo un'altra difficile notte, ieri mattina sembrava finalmente essere stato circoscritto. Oltre 500 pompieri provenienti da tutta la Slovenia avevano infatti arginato molti roghi, come confermato anche dalle immagini satellitari in tempo praticamente reale messe a disposizione dalla Nasa sul portale Firms, che monitora gli incendi a livello globale.Ma ancora una volta il vento, il nemico più insidioso al momento, è tornato a spirare con relativa forza, alimentando i fuochi e allargando i fronti dell'incendio, in particolare in direzione nord. Così, dalla tarda mattinata e poi soprattutto nel pomeriggio la situazione è tornata a essere critica in particolare a Vrtoce, un paesino vicino a Nova Gorica e nell'area dei villaggi di Opatje Selo, Nova Vas e Hudi Log - tutti prossimi al confine italiano, nella zona a nord di Doberdò - dove sono riprese le evacuazioni dei residenti. In serata l'evacuazione ha toccato anche una decina di frazioni minori nella zona a est di Vrtoce, nel Comune di Rence-Vogrsko. Oltre cinquecento le persone sfollate. La situazione più critica, con fiamme alte a ridosso del centro abitato, nel territorio di Merna (Miren in sloveno), a poca distanza dal comune di Savogna.Duemila gli ettari interessati dal fuoco, ha informato l'agenzia di stampa slovena Sta, mentre sono gravi - ma stime restano per ora impossibili - i danni a vegetazione e terreni agricoli. Sul campo, intanto, le forze antincendio hanno irrobustito le loro file, con quasi mille Vigili del fuoco impegnati, 130 forestali e 300 membri di altri organi e tanti volontari a far fronte all'incendio, hanno informato il ministero della Difesa di Lubiana e il premier Robert Golob. L'obiettivo è difendere i villaggi della zona e soprattutto tentare di evitare che le fiamme scavalchino le strade che portano verso il monte di Trstelj.La situazione è stata definita «molto seria» ieri pomeriggio dal ministro della Difesa sloveno Marjan Sarec, per il terzo giorno consecutivo presente sui luoghi dell'emergenza, affiancato anche dalla ministra degli interni Tatjana Bobnar e dal capo della polizia Bostjan Lindav. Presenti, come nei giorni precedenti, anche militari sloveni e soprattutto mezzi e velivoli dell'esercito di Lubiana oltre a elicotteri arrivati da Slovacchia, dall'Austria, persino due dalla Serbia, mentre ne sono attesi due dall'Ungheria. Spegnere le fiamme dal cielo è l'unica via, a causa dell'altra minaccia emersa in questi giorni: quella degli ordigni inesplosi risalenti alla Grande Guerra. Ieri uno ha anche fatto rischiare la vita a dei vigili del fuoco, sfiorati dalle schegge di una bomba del 15-18 esplosa per il calore. «Il problema - ha spiegato Sarec - è che le unità dei Vigili del fuoco non possono penetrare» il fronte delle fiamme proprio a causa «degli ordigni». E il fuoco viene combattuto con intensità dall'aria.--© RIPRODUZIONE RISERVATA