I penultimatum di Conte e i silenzi di Draghi

Presentandola come un'astuta soluzione per tenere assieme il tutto, il ministro Stefano Patuanelli capo delegazione dell'M5s nonché il più vicino al "Cavalier tentenna", alias Giuseppe Conte, fa sapere che i Cinque stelle potrebbero uscire dall'Aula al Senato il giorno della fiducia sul decreto aiuti. Avrà anche pensato che è un bizantinismo geniale per non spaccare i suoi sul voto, rimanere incollato al governo e rinviare l'ora delle scelte irrevocabili, arte in cui il suo Cavaliere ha una certa perizia, sin dai tempi di Ilva, Alitalia, Aspi.In altri tempi, quando l'alfabeto istituzionale non conosceva strafalcioni, qualcuno, prendendolo sul serio, avrebbe parlato di crisi di governo, considerando scontate le sue dimissioni; oppure, non prendendolo sul serio, avrebbe prestato soccorso per il colpo di sole. Perché l'Aventino non è una semplice astensione ma il segnale massimo di distacco e di denuncia (senza scomodare Matteotti), difficilmente compatibile con la permanenza al governo.Non è dato sapere se a palazzo Chigi, da cui non è arrivato alcun commento ufficiale o ufficioso, abbia intenzione di far finta di non vedere e, in caso di abbandono dell'Aula, andare avanti comunque, come del resto ha fatto il Pd e financo l'opposizione di Fratelli d'Italia (forse pensano di capitalizzare o forse non se ne sono accorti). Qualora così fosse, se ne ricaverebbe un pericoloso precedente che legittimerebbe un "via vai" sui vari provvedimenti di qui alla fine della legislatura, proprio nel momento in cui il Paese poggia su una polveriera sociale annunciata dal rapporto dell'Istat. E l'immagine di un governo "a la carte", Parlamento solutus. Di Maio resta ministro dopo la scissione (il che magari è anche giusto a guerra in corso, ma nessuno si è posto il problema di dirlo), Patuanelli&Co restano ministri qualunque cosa succeda in Parlamento, e lo stesso accadrà con Giorgetti anche quando Salvini minaccerà sfracelli a Pontida o quando li costringerà, di nuovo, a votare no in cdm.Insomma, where is Mario? Dopo aver detto che "senza i Cinque stelle non c'è governo", dando così ad essi la patente di interlocutore cruciale, è rimasto vittima delle sue macchinazioni, nel tentativo di accontentare tutti, cosa difficile in tempi non espansivi tra guerra e pandemia. Si è fatto concavo, rinunciando a proferire una sola sillaba ricevuto il centesimo penultimatum di Conte (scritto stavolta), e convesso quando, per dare un segnale a Salvini, nell'incontro con Erdogan (il "dittatore", piuttosto brutale in materia basta chiedere alla Merkel) gli ha chiesto aiuto sull'immigrazione. Aspetta, non parla, prova a capire cosa può concedere per placare gli animi senza rivendicare la forza della sua terzietà, affogata in questa melassa politicante. E senza cogliere l'occasione del chiarimento con Conte per un discorso di verità a tutte le forze politiche e al Paese. Perché è chiaro che si arriverà alla fine della legislatura, il problema è il come. --© RIPRODUZIONE RISERVATA