Le nuove sfide dei porti di Trieste e Genova

Lo Stato e l'Unione Europea stanno definendo una nuova politica della mobilità europea (ridefinendo le direttrici e la governance fra centro e periferia). Una politica, che mette l'Europa al centro intorno ai temi della crescita e della sostenibilità, per la cui attuazione il Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibile e i principali operatori di traffico internazionale, con le organizzazioni rappresentative degli interessi di impresa, paiono collaborare con serieta. A Genova si annuncia in questi giorni un nuovo enorme terminal contenitori alla confluenza dei corridoi Mediterraneo e Reno Alpi che completa il tracciato del Terzo valico, della Arcisate Stabio e del Gottardo/ Loetchberg e presuppone la realizzazione della nuova diga esterna del porto. Un progetto, ormai chiaro, da almeno 4 mio teus aggiuntivi promosso dal Ministero di Enrico Giovannini e dal Sindaco di Genova Marco Bucci con le associazioni degli imprenditori e la regia di Mediterranean Shipping Company (Msc). L'indicata evoluzione comporterà, oltretutto, una ridefinizione degli spazi operativi del porto di Genova a favore delle autostrade del mare, dei traghetti e delle stesse crociere. Il sistema portuale fra Vado, Genova (3 terminali in linea), La Spezia e Livorno (in questi due porti è in atto una profonda trasformazione), capace di offrire a regime una capacità di traffico di 15 milioni di teus (oggi si attesta su 6/7), e' integrato da una pluralità di off docks e/o interporti previsti dal nuovo piano di Ferrovie dello Stato presentato pochi giorni fa da Luigi Ferraris. Quindi, non solo infrastrutture, ma vere e proprie politiche di traffico d'intesa con le imprese internazionali e nazionali . Il nord est, dopo l'insuccesso dei progetti portuali (l'off shore di Venezia, il super porto Maercks a Monfalcone e l'alleanza Trieste koper), manifesta molta vivacità, seppure su numeri diversi dal nord ovest, grazie alle ambiziose politiche ed investimenti di Lubiana, al committment di Maercks a Fiume e agli investimenti delle regioni Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia su alcune imprese ferroviarie come Alpe Adria (insieme a Mercitalia e Autorità portuale), Rtc e Inrail. Da Trieste, che in assenza di un incremento della capacità contenitori, corre il rischio di una marginalizzazione nel sistema portuale, la stampa profila l'interesse della cinese Cosco a realizzare un terminal (molo VIII) del valore di 2 miliardi. Una ipotesi diversa da quella (improbabile in uno stato di diritto) del 2019, quando "imprese" cinesi provarono ad assumere il controllo dei porti di Genova e Trieste sulla base di strani Memorandum of Understanding che Emmanuel Macron, Jean Claude Junker e Angela Merkel nel vertice di Nizza ritennero in contrasto con gli obbiettivi dell'Europa. L'insediamento a Trieste di Cosco, e l'alleanza con la Cina ( che avrebbe l'effetto di "internazionalizzare" la fattispecie), non sarebbe peraltro indolore ne' sotto il profilo delle relazioni con Msc (il vettore internazionale che oggi gestisce con successo il molo VII e costituisce il primo operatore di traffico, alleato di Maercks che gestisce il terminal di Fiume) ne', forse, sotto il profilo delle relazioni con Slovenia e Croazia, Paesi con i quali l'Italia è chiamata a riavviare una forma di cooperazione rafforzata (art. 20, tue) del tipo di quella a suo tempo voluta dai presidenti Carlo Azelio Ciampi e Milan Kucan per strutturare il sistema portuale Koper/Trieste/Fiume (è evidente che, trattandosi di soggetti di diritto internazionale, questa collaborazione avrà luogo su un piano diverso e dipenderà molto dalla interlocuzione di questi paesi con la Cina). Un progetto, quindi, che deve essere valutato dai servizi di Enrico Giovannini e Massimiliano Fedriga tenendo conto anzitutto del diritto del commercio internazionale (trattandosi dell'investimento di un Paese che non sempre ispira il suo ordinamento alle regole di ingaggio GATT e WTO) e del regolamento 352 del 2017 sui servizi portuali che comunque dovrà essere autorizzato dal governo centrale ai sensi del d.l. 21 del 2012 che dovrà anche stabilire perimetro e condizioni dell'investimento (ad esempio la durata della concessione, il regime giuridico della stessa ed eventualmente i poteri speciali da risevare a qualche impresa pubblica nazionale o locale - Fs?, Cdp? Friulia?). Certo è che, per la prima volta, nei trasporti intermodali si profila una politica nazionale di alto profilo - e non solo di segno infrastrutturale - : a. coerente con la politica europea, b. impostata su due grandi sistemi portuali e inland e c. strutturata su alcune alleanze con operatori marittimi, terminalistici e ferroviari. --