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stefano giantinUna nuova «porta dell'energia» per l'Europa, che promette di condurre sulla strada dell'indipendenza energetica da Mosca non solo la Grecia ma anche buona parte dei Balcani, inclusa quella Serbia che sta cercando silenziosamente di rendersi più autonoma dall'amica sempre più scomoda, la Russia. La porta è il grande rigassificatore di Alexandroupoli, città costiera nel nord della Grecia, dove ieri si è tenuta la cerimonia per l'avvio dei lavori del terminal Lng-Frsu, una grande unità galleggiante di stoccaggio e rigassificazione che dovrebbe diventare operativa a partire dal dicembre 2023.L'opera, un moloch da oltre 360 milioni di euro, capace di gestire fino a 5,5 miliardi di metri cubi all'anno, sarà l'architrave di un vasto sistema di trasmissione del gas che potrà trasportare metano dalla Grecia fino in Bulgaria, Macedonia del Nord, ma anche in Serbia e persino in Romania, Moldova e Ucraina, utilizzando gasdotti già esistenti o in progettazione. Sviluppato dall'azienda Gastrade, il progetto «lancia un doppio messaggio», ha messo in evidenza ieri il premier greco Kyriakos Mitsotakis: «Quando il rigassificatore sarà completato saremo in grado di abbandonare il gas che viene dalla Russia» e Atene farà il gran passo assieme ai Paesi vicini, ha aggiunto. Paesi che rispondono al nome di Bulgaria e Macedonia del Nord, ma anche la Serbia, con i loro leader che ieri erano al fianco di Mitsotakis ad Alexandroupoli, assieme al presidente del Consiglio europeo Charles Michel. Il premier greco non ha risparmiato bordate feroci al Cremlino. «I recenti ricatti di Mosca sul gas», chiaro riferimento alla chiusura dei rubinetti a Polonia e Bulgaria, «fanno della cooperazione una mossa non solo necessaria ma direi urgente», ha detto il leader della Grecia. Grecia che infatti, oltre a ricevere gas liquefatto che garantirà una buona fetta della sua futura indipendenza dalla Russia, diventerà attraverso Alexandroupoli anche un hub per gran parte della regione balcanica. Balcani che «si muovono rapidamente per ridurre la loro vulnerabilità dalla Russia» con il nuovo rigassificatore che «diventa ancora più vitale», ha confermato lo stesso ambasciatore americano ad Atene, Geoffrey Pyatt, rappresentante di quegli Stati Uniti che premono per la realizzazione in Europa di opere come quella greca, strategiche pure per l'export di gas liquefatto americano.Ma il rigassificatore interessa a molti altri. Fra questi appunto la Serbia del presidente Aleksandar Vucic, presenza più che significativa ieri in Grecia. Si tratta di un piano «importante per l'intera regione, per tutti i Balcani» e «siamo pronti a comprare grandi quantità di gas in futuro» via terminal, ha anticipato Vucic parlando di Alexandroupoli, sottintendendo il desiderio di Belgrado di ridimensionare la sua dipendenza - attualmente totale - dal gas russo. E il tutto è realizzabile attraverso la mobilitazione europea, «grazie Ue», la sintesi del discorso di Vucic. La vicina Macedonia del Nord si muove in maniera speculare alla Serbia, con Skopje che già a febbraio ha annunciato di aver iniziato un processo per riservare quote del terminal, mentre l'anno scorso è stata decisa la costruzione di un interconnettore con la Grecia, simile a quello verso la Bulgaria. E con opere e scelte del genere, coordinate a livello regionale, la presa di Mosca sui Balcani appare sempre meno salda. --© RIPRODUZIONE RISERVATA