Rebulla: «Sfiderò io la sindaca Cisint Morsolin non andrà al ballottaggio»
Tiziana CarpinelliCi sarebbero diversi modi di raccontare il piccolo cataclisma che l'uscita di ieri di Franco Brussa, dirigente democratico, ha assestato al microcosmo politico monfalconese. Si potrebbe dire che ha aperto il vaso di Pandora dell'ex Dc monfalconese, ma sarebbe riduttivo. Si potrebbe scomodare un'analisi tattica, perché alla fine la politica è anche questo: strategia. E si potrebbe perfino ricondurre la questione al precedente tsunami di gennaio, la vittoria un po' a sorpresa (ma fino a un certo punto visto il dato dell'affluenza legato a doppio filo alla quarta ondata pandemica e anche all'approssimazione dell'operazione, che forse avrebbe richiesto maggior pubblicità, tempo e diffusione) di Cristiana Morsolin alle primarie, a scapito dei due competitor uomini, il dem Riccardo Cattarini e il civico Davide Strukelj, dati per favoriti. Ma alla fine, come ogni storia, si spiega meglio con le parole dei suoi protagonisti, che ieri hanno arroventato la linea telefonica. Il primo, ore 8.54, è Luciano Rebulla: «La mia discesa in campo non è un dispetto ad Anna Cisint per non farla vincere al primo turno, bensì deriva dall'aver riscontrato difficoltà e scontentezza sia a destra che a sinistra. Un'area che alle amministrative o non si presenterebbe o compilerebbe scheda bianca».Quanto alla vicinanza con il Pd (nel 2008, da civico, è stato candidato sindaco in tandem con il partito di Letta a Spilimbergo, città della moglie e di residenza) «non ho mai avuto tale tessera in tasca - dice -: solo quella della Dc e del Partito popolare». E sui fini: «Al ballottaggio spero di andarci io, perché questa lista ha più probabilità, rispetto a Morsolin, d'esser l'avversaria di Cisint». Rebulla però azzarda anche alle prospettive di lungo termine: costruire «un gruppo dirigente per il futuro di questo territorio», perché «se a Cisint va bene, dura 5 anni, sempre che nel 2023 non voli in Regione». Guardando invece all'opposizione «io non credo che il centrosinistra possa vincere le elezioni», rammentando en passant il «dialogo proficuo con le civiche di altri territori» vedi Ronchi o Gorizia con la «valida candidatura di Martina, personalità di rilievo e gran valore». Insomma, un giudizio severo, pure nel capoluogo, poiché «il Pd si è chiuso di nuovo nel suo castello e ha scelto la senatrice». E soprattutto a Monfalcone, dove «il Pd ha perso la sua storia e le sue battaglie, appare scollegato al mondo del lavoro: per questo le persone non lo riconoscono e cercano qualcos'altro». Già, il centrosinistra. Se le parole del dem Brussa, che sostanzialmente, pur dall'altra metà del cielo della coalizione, plaudeva all'operazione rebulliana perché favorirebbe lo scenario di un ballottaggio - mentre si sa che la maggioranza punta a una vittoria secca al primo turno, in linea con la narrazione resa del gradimento dei cittadini verso la sindaca Anna Cisint - abbiano in qualche modo turbato la sfidante Cristiana Morsolin non emerge dalle dichiarazioni scandite. Ma è la forma scelta - il comunicato e per di più a doppia firma con Diego Moretti, battuto alle 10.46 - a tradire la delicatezza del passaggio. Se c'è stata irritazione, è avvenuta solo nelle segrete stanze, e che l'esponente della Sinistra abbia fatto un salto di qualità nella comunicazione da due anni a questa parte è fatto ormai noto. Morsolin ribadisce quindi l'unità: «Al di là delle idee che si possono avere su di me, la campagna elettorale serve anche a questo, a convincere sulla bontà del progetto, che, lo garantisco, ha all'interno sensibilità diverse, compresa quella cattolica, in una coalizione che è ampia, ma si riconosce nei punti programmatici e su temi importanti, tra cui il lavoro e la sanità». «Dall'altra parte cosa c'è - incalza -? La politica dell'ultrà, divisiva di un territorio. Rebulla dice che al ballottaggio ci va lui? È un'opinione, io ho fiducia nelle persone che mi circondano e nel lavoro che abbiamo realizzato, con approccio quasi scientifico. In ogni caso, là dove il centrosinistra è andato unito, con una coalizione comprensiva anche dei 5S, non solo ha vinto, ma in generale ha avuto ottime chance».Se una parte dell'ala cattolica è da sempre il tallone d'Achille di Morsolin, la compattezza riscontrata da gennaio a oggi sta diventando pian piano punto di forza. A centrodestra è invece l'immagine granitica della sindaca la carta jolly e contemporaneamente l'elemento di fibrillazione: tutti gli altri alleati sono alla ricerca di un posto al sole, temono di esser schiacciati dagli esiti della civica cisintiana e a quel punto la candidata leghista, in caso di vittoria, avrebbe nuovamente carta bianca su ogni scelta (compresa la squadra). L'ipotesi ballottaggio tuttavia potrebbe aver sobillato la reazione sui social di Cisint: «Se fossi nella Morsolin mi sentirei un po' defraudata e penserei: «Ma insomma, non avete fiducia in me! Mi mettete vicino qualcuno come una stampella!». Con buona pace di Rebulla («che stimo molto», scrive peraltro). E con tanto di pistolotto finale: «Ma poi non avevano giurato che le primarie sarebbero state "tutti per uno, uno per tutti?" » . --© RIPRODUZIONE RISERVATA