Essere Giorgio Strehler in giro per la sua Trieste nei luoghi dell'infanzia

il programmaROBERTO CANZIANITSxGS, ovvero Trieste per Giorgio Strehler. Si avvia verso la conclusione l'iniziativa congiunta di Teatro Stabile del Fvg e Comune di Trieste che, con un calendario fitto di appuntamenti, ha la missione di ricordare i cent'anni appena trascorsi dalla nascita, proprio in questa città, del regista. Domani la manifestazione tocca un culmine con l'inaugurazione ufficiale, al Politeama Rossetti alle 17, di una mostra documentaria che espone materiali provenienti dal Civico Museo Teatrale "Schmidl" e dal Fondo Strehler. La sorpresa che attenderà i visitatori nel foyer del teatro sarà però un'installazione site-specific realizzata da Barbara Della Polla e Ennio Guerrato, e intitolata "I Piccoli per il fondatore del Piccolo Teatro". I due artisti hanno utilizzato creativamente le marionette ideate e modellate nel secolo scorso da Vittorio Podrecca e dalla sua Compagnia, per dare vita a un ironico omaggio al regista che, assieme alla madre, lasciò Trieste con destinazione Milano a soli sette anni, portandone però sempre impresse le specificità: il carattere multiculturale, l'apertura culturale, il dialetto e soprattutto le luci: quell'illuminazione "nordica, imbarazzante, esoterica, che dal mare si riflette nei palazzi bianchi e asburgici distesi lungo le Rive".Seguirà, alle 17.30, in Sala Bartoli, la proiezione del film "Essere Giorgio Strehler", realizzato da 3D Produzioni di Didi Gnocchi: un biopic in parte girato a Trieste, nel quale tutti questi elementi trovano un'adeguata valorizzazione.Gli appuntamenti di "TSxGS" si chiuderanno infine lunedì 29 novembre, nella sala Bazlen del Civico Museo Teatrale (ore 17.30) con la conversazione del musicologo Carlo de Incontrera, a proposito del mozartiano "Così fan tutte", ultimo allestimento di Strehler, rimasto incompiuto per la morte sopravvenuta improvvisa, a Lugano, nella notte di Natale del 1997. Sembra, in altre parole, che Trieste abbia raccolto tutte le proprie forze per dare visibilità e rafforzare quelle origini, che ancora oggi fanno del fondatore (assieme a Paolo Grassi e Nina Vinchi) del Piccolo Teatro di Milano, un personaggio solidamente collocato nel pantheon dei triestini illustri nel mondo.Il docu-film "Essere Giorgio Strehler" (sceneggiato da Matteo Moneta e Gabriele Raimondi, diretto da Simona Risi) proprio di quelle origini va alla ricerca. Lo fa esplorando i luoghi che negli Anni Venti del '900, quelli della sua infanzia, furono determinati per l'imprinting affettivo. La casa natale e la riviera di Barcola, il centro città con i suoi eleganti palazzi borghesi, via San Lazzaro, corso Italia, il porto con i suoi magazzini, le rive, i moli, con luce di certi formidabili tramonti, a volte sanguigni, a volte pastello. Colori che a teatro si possono sapientemente ricostruire attraverso il design dei fasci illuminanti, i filtri, le sfumature, i controluce, gli ammorbidimenti. Proprio come Strehler ha fatto. "Una musica della luce", una sinfonia della quale egli viene unanimemente considerato il direttore d'orchestra, il maestro, il mago.Chi scrive - oltre ad aver dato il proprio contributo ideativo alla realizzazione di "TSxGS" - ha partecipato anche alle riprese del film, in un ruolo che non era mai stato suo. Quello di attore, o meglio, comparsa, per quanto autorevole: guida ai luoghi di una passeggiata nell'infanzia di Strehler, esploratore di lettere, epistolari, carteggi ben riposti nei capienti faldoni che sono oggi conservati nel Fondo Strehler. È stata la regista, Simona Risi, a voler dare al film questo taglio, lasciandosi condurre assieme alla troupe attraverso i luoghi, in certe torride giornate di luglio. E piazzando i set di ripresa, senza soggezione alcuna, nei punti più panoramici del colle di San Giusto, attorno ai pili portabandiera che si innalzano di fronte al mare in piazza Unità, o nella piazzetta che si apre davanti alla facciata del Teatro Verdi. Di quella sala il nonno di Strehler, Olimpio Lovrich, fu uno dei più lungimiranti impresari. Bravo anche a trasmettere al nipote i cromosomi e la spinta all'innovazione nel campo dello spettacolo.Sotto un sole che faceva sudare tutti, le riprese hanno continuato a costeggiare il Canale e poi lungo le scale di Palazzo Gopcevich, per salire fino al secondo piano nella stanza che ospita il Fondo, i 4000 volumi della biblioteca di Strehler, i suoi oggetti, anche i più personali, alla ricerca di una memoria d'infanzia. Chissà, forse l'immagine del padre scomparso quando lui aveva solo tre anni, forse i rompicapo di cartone con cui si ingegnava bambino, forse solo la traccia di segno musicale riemerso poi in età adulta, sul palcoscenico milanese di via Rovello, o alla Scala.Di tutto questo parla la prima parte del film, che poi si sposta naturalmente a Milano, città d'adozione. E sono allora altre guide, altri interpreti a proseguire la storia, prima fra tutti l'attrice di lingua tedesca Andrea Jonasson, diventata sua moglie, e quindi Paolo Bosisio, Stefano de Luca, Carlo Fontana, Ezio Frigerio, Giulia Lazzarini, Lluís Pasqual, Ottavia Piccolo, Franca Squarciapino, e assieme a loro la biografa Cristina Battocletti. Le altre guide di un film, che in forma di costellazione, indaga l'ineguagliabile, inimitabile compito di "essere Giorgio Strehler". © RIPRODUZIONE RISERVATA