Nel quartiere risparmiato dal destino «Come una bomba sopra la testa»

il reportageAlberto Mattioli / MILANOQuesta volta la sorte non è ironica, è una beffa tragica. A San Donato, il Pilatus del magnate romeno Dan Petrescu si schianta sull'edificio fra via Marignano e via 8 Ottobre 2001. È il giorno della strage di Linate, il Cessna che sbagliò la pista di decollo e speronò un aereo di linea, 118 morti, il più grave disastro aereo della storia italiana. Un disastro aereo nella strada che ne commemora un altro. Stavolta i morti sono otto, fra i quali un bambino. Ma avrebbero potuto essere molti di più, perché nella palazzina su cui si è schiantato l'aereo si stanno facendo dei lavori, è un edificio del Comune che diventerà il terminal degli autobus. «Lunedì sarebbe stato pieno di operai al lavoro», spiega Michele Pugliese, il direttore del cantiere. Quello della tragedia è un non luogo, non ancora campagna, ma già non più città. A due passi dalla palazzina a due piani sventrata e annerita dall'incendio c'è il capolinea della linea 3 della metro. Da una parte, dietro una fila di palazzine, Metanopoli, il complesso industriale voluto da Enrico Mattei negli Anni Cinquanta, quando il gas della pianura padana doveva permettere all'Eni di sfidare i colossi petroliferi made in Usa; dall'altra, un campo rom. In mezzo, un grande parcheggio, le pensiline degli autobus, qualche palazzone, e più in là i prati. L'inimmaginabile accade nel pomeriggio di una domenica elettorale uggiosa e piovosa (ma non tanto da poter essere la causa dell'incidente, pare: il tempo era brutto ma non pessimo) e questa periferia diventa il teatro di una tragedia, già affollato di curiosi che scattano foto con il telefonino e guardano il circo mediatico al lavoro. Quelle che impressionano davvero, e serviranno anche alle indagini, sono le testimonianze di chi ha visto tutto e racconta il disastro in presa diretta. Per esempio, Angelo Suma, che stava aspettando l'autobus quando ha sentito «un rumore strano, fortissimo», poi ha visto «un aereo piccolo che mi passava sulla testa spandendo fumo e fiamme, chiaramente fuori controllo» e, infine, l'impatto contro la palazzina, «un'esplosione, poi ancora fuoco e fumo nero». Ha fatto anche un video, sarà prezioso. Per tutti, la prima impressione è stata acustica. Dario e Marzia vivono in un condominio che guarda proprio sulla metro. Linate è poco lontana, gli aerei sorvolano la zona, «vivo qui da sempre, ormai i rumori li riconosco - racconta Dario - ma questo non l'avevo davvero mai sentito. Ho pensato al botto di un jet militare quando sfonda il muro del suono, ma mi sono detto che era impossibile, i militari non volano qui. Poi ho visto alzarsi le fiamme dalla palazzina. E ho pensato a un attentato». Già: ormai un aereo che si infila in un edificio fa scattare delle associazioni mentali automatiche. «A posteriori, abbiamo avuto paura. L'aereo ci è passato bassissimo sulla testa, saranno stati non più venti o trenta metri d'altezza, tremavano i vetri delle finestre. Non capisco come abbia fatto a non travolgere i fili dell'alta tensione che passano proprio davanti a casa». C'è chi si è salvato proprio per una manciata di secondi. L'ultimo a transitare per la strada prima del disastro è stato un rider diciannovenne: «Ero in motorino, avevo appena finito una consegna. Avevo passato la rotonda, ho sentito il boato, sono tornato indietro. E lì ho visto sparsi dappertutto dei resti dell'aereo e anche umani. C'erano fumo e detriti e intanto le automobili parcheggiate davanti alla palazzina prendevano fuoco una dopo l'altra». Resta da capire se il Pilatus, precipitando, fosse davvero in fiamme. Molti testimoni dicono di sì. Ma per esempio Esham, egiziano, anche lui in attesa sulla banchina del bus, è categorico: «No, io di fiamme non ne ho viste. Ho visto solo quest'aereo andare giù in picchiata, velocissimo». Quando si è infilato nel tetto del palazzo, il boato è stato così forte che molti hanno pensato a una bomba. In effetti, l'apparecchio si è disintegrato. Le ricerche saranno lunghe e laboriose. I primi soccorritori parlano di uno scenario spaventoso, fra il fumo, il fuoco, i detriti e i corpi straziati delle vittime, o almeno quel che ne resta. Se la palazzina era vuota, era miracolosamente sgombra anche la strada. «Prima dello schianto - sempre Dario - l'aereo ha sorvolato Metanopoli, perché l'ho visto arrivare da quella parte. Fosse caduto lì, sarebbe stato un disastro ancora peggiore». Parlare di fortuna nella sfortuna sarebbe indecente, di fronte a otto vite spezzate. Ma in effetti «l'incidente avrebbe potuto avere conseguenze ben più drammatiche», dice il procuratore aggiunto Tiziana Siciliano dopo il suo sopralluogo. I soccorsi sono arrivati veloci, anche se ormai c'era più nulla da fare se non spegnere l'incendio nella palazzina, due ore di lavoro. Arrivano i magistrati e i sindaci di Milano, Beppe Sala, e di San Donato, Andrea Cecchi, perché siamo proprio al confine fra i due comuni: «Immagini agghiaccianti», racconta Cecchi. Comincia la routine dell'inchiesta, per prima cosa bisogna identificare i morti e avvertire i familiari, poi si cercherà di capire cosa è successo davvero. I curiosi iniziano a sfollare. --© RIPRODUZIONE RISERVATA