I taleban annunciano il nuovo governo ma è formato da ricercati e terroristi

il retroscenaGiordano StabileINVIATO A BEIRUTUn monocolore taleban e pashtun, con parecchi ricercati internazionali dalle taglie milionarie sulla testa, e reduci da Guantanamo vicini ad Al-Qaeda. Il governo «inclusivo» del nuovo Emirato islamico dell'Afghanistan assomiglia a quello di vent'anni fa e delude tutte le aspettative.Alla fine, dopo giorni di trattative serrate, ha prevalso l'ala pachistana dell'emiro Haibatullah Akhundzada. A guidare l'esecutivo sarà un suo uomo di fiducia, di Kandahar come lui, il mullah Mohammad Hassan Akhund, da vent'anni a capo della Rehbari Shura, il consiglio supremo del gruppo. Un religioso, ultra-conservatore, sulla lista delle Nazioni unite dei terroristi e già ministro degli Esteri ai tempi del mullah Omar. È un segnale netto di ritorno al passato.Abdul Ghani Baradar, che sembrava l'astro nascente dopo il successo dei negoziati a Doha con gli americani, è stato ridimensionato a vicepremier. E con lui l'ala qatarina, che puntava a rapporti migliori con Stati Uniti ed Europa. Ma il personaggio più inquietante dell'esecutivo è Sarajuddin Haqqani, leader della branca più sanguinaria dei taleban, responsabile per 15 anni del "fronte di Kabul", dove ha fatto strage con attacchi suicidi devastanti. Ottiene il ministero dell'Interno e la gestione della sicurezza. Un primo assaggio lo si è avuto ieri, con le manifestazioni di protesta disperse a bastonate e raffiche di kalashnikov in aria nella capitale. A Herat i miliziani hanno invece sparato ad altezza d'uomo e ucciso almeno due persone, otto i feriti. Sulla testa di Serajuddin c'è una taglia da cinque milioni di dollari da parte degli Usa. È considerato molto vicino ad Al-Qaeda e ha rapporti intimi con l'Isi, i Servizi segreti pachistani, che i critici chiamano un'Isis senza la esse finale. Di certo il clan Haqqani ha ricevuto una spinta potente tre giorni fa, quando a Kabul è arrivato il generale Faiz Hameed, il grande capo dell'Isi. Islamabad ha fatto pesare la sua influenza, ha fornito consiglieri militari per chiudere in 48 ore la campagna nel Panshir, anche con l'uso dei droni americani caduti nelle mani dei jihadisti, e ottenuto posti importanti per i suoi uomini di fiducia. Non per niente le proteste di ieri erano al grido di «libertà» e «fuori il Pakistan». I panshiri, e molti tagiki in genere, considerano la folgorante vittoria taleban il frutto delle manovre pachistane.Il comandante Ahmed Massoud ha invitato a una sollevazione generale. Velleitaria, visto che a fermare gli studenti coranici non sono bastati 300mila soldati e poliziotti con le migliori armi statunitensi. I taleban però non fanno alcuno sforzo per tranquillizzare le minoranze. Solo due ministri tagiki su 33 esponenti del governo. Un solo uzbeko, l'altro vicepremier, Abdul Salam Hanafi. Come previsto Mohammed Yacoob, figlio del mullah Omar, si prende il dicastero della Difesa, anche se dovrà spartire l'enorme bottino di guerra con gli Haqqani e con le unità d'élite, la brigata Badri 313 e la Sara Kheta?, l'Unità rossa. A completare il quadro di un governo da incubo, per l'Occidente, è la squadra di cinque ex detenuti a Guantanamo. Khairullah Khairkhwa è il nuovo ministro dell'Informazione e della Cultura. Noorullah Noori agli Affari tribali e confine. E poi Mohammad Fazl (o Fadel), viceministro della Difesa, lo stesso posto che occupava vent'anni fa. Fazl era uno dei più stretti collaboratori di uno dei luogotenenti di Osama bin Laden, Abdel Hadi al-Iraqi, ancora nel carcere della base Usa a Cuba. Ed era uno dei pochi a sapere dei piani di attacco all'America. Unico segnale "distensivo" è l'affidamento del ministero degli Esteri ad Amir Khan Muttaqi, anche lui negoziatore a Doha e vicino ai qatarini. Neppure l'ala "iraniana" ne esce bene. Teheran aveva stretto un patto di non-belligeranza nel 2015 ed esteso la sua influenza fra le milizie di Herat e dell'Helmand ma adesso non ha punti di riferimento nel governo e ha protestato contro la brutale campagna nel Panjshir. Sul fronte dell'inclusività di genere, come previsto, non c'è alcuna donna, anche se il portavoce Zaibullah Miujahid ha replicato che ci potrebbero essere «aggiunte» in futuro. A non crederci sono per prime le afghane. Ieri sono tornate in piazza a Kabul, Mazar-e-Sharif, Herat e altri capoluoghi di provincia. Nella capitale erano migliaia, la più massiccia manifestazione da un mese a questa parte, dispersa questa volta con raffiche di mitra sparate in aria e persino contro alcuni edifici, compreso un hotel che ospitava reporter occidentali. Un giornalista di Tolo News è stato arrestato e poi rilasciato. Un altro, Fahim Dashty, è stato invece assassinato due giorni fa nel Panjshir. Butta male anche su questo fronte. --© RIPRODUZIONE RISERVATA