Talebani nel Panshir botte e lacrimogeni sulle donne di Kabul che chiedono libertà

Giordano StabileINVIATO A BEIRUTL'annuncio del nuovo governo slitta ancora e i taleban chiamano in aiuto il potente capo dei Servizi pachistani, generale Faiz Hamid, per mettere tutti d'accordo e soprattutto cominciare ad avviare la macchina amministrativa. Il «nuovo corso» del gruppo jihadista prevede una spartizione dei ministeri, con posti assegnati anche alle minoranze etniche in una sorta di manuale Cencelli centroasiatico. Ma è un tipo di cultura politica che non appartiene agli studenti coranici, abituati a una rigida gerarchia e all'obbedienza al capo supremo, e quindi sarà il padrino di Islamabad a mediare. Bisogna riaprire al più presto le vie commerciali, a cominciare dall'aeroporto di Kabul, per evitare una crisi alimentare. Ad appena tre settimane dalla trionfale entrata nella capitale i primi segni di malcontento sono evidenti, soprattutto fra le donne, che vengono escluse dai loro posti di lavoro e ieri sono tornate in strada, questa volta disperse a colpi di botte e lacrimogeni. Sul fronte militare non arrivano buone notizie dalla valle del Panshir. Le linee difensive all'ingresso meridionale sono state sfondate e i miliziani sono penetrati fino al villaggio di Anabah, dove si trova uno dei primi ambulatori aperti in Afghanistan da Emergency, che ha confermato. Il Fronte della resistenza guidato da Ahmed Massoud continua a combattere ma è isolato e rischia il collasso. Una vittoria rapida dei taleban potrebbe sciogliere i nodi politici. L'emiro Haibatullah Akhundzada e il prossimo «presidente» Abdul Ghani Baradar discutono ancora della spartizione dei poteri. L'arrivo a Kabul del generale pachistano Hamid significa che le frizioni restano forti. Il Pakistan è da sempre il principale alleato dei taleban, e in particolare della branca guidata da Khalil Haqqani, terrorista super ricercato dagli Stati Uniti. Haqqani ha preso in carico la sicurezza nella capitale ma vuole un boccone più grosso all'interno del nuovo governo. Baradar rappresenta invece l'ala più moderata, si fa per dire, quella che ha mediato in Qatar con Washington. Ha già incontrato il capo della Cia William Burns per agevolare il ritiro delle truppe Nato e scambiare informazioni sull'Isis-K. Adesso dovrà discutere con il numero uno dei Servizi di Islamabad di sicurezza e scambi commerciali, compresi quelli attraverso la nuova Via della Seta cinese. I taleban hanno confermato il loro interesse e vogliono partecipare a un «corridoio afghano-pachistano». Prima bisogna mettere in sicurezza le strade e garantire le forniture di carburanti e cibo. L'Afghanistan importa metà di quello che consuma e sette milioni di persone su 38 sono a rischio fame. Ieri il Qatar, che avrà in gestione lo scalo di Kabul, ha annunciato la ripresa dei voli cargo umanitari e, forse fra una settimana, anche di quelli commerciali. A Doha è arrivato il ministro degli Esteri Luigi di Maio ed è la retrovia diplomatica occidentale, dove riaprirà anche la nostra ambasciata afghana. Ma l'economia è paralizzata, anche perché, zitti zitti, i Taleban espellono le donne, un quinto della forza lavoro, dal tessuto produttivo. Ieri ci sono stati i cortei più massicci degli ultimi venti giorni, con cartelli che chiedevano "un ruolo" nell'Afghanistan del futuro. I militanti prima hanno cercato di convincerle con le buone e le hanno invitate a tornare a casa, "al loro posto". Poi la manifestazione è stata dispersa con i lacrimogeni. Le afghane non si fidano dei proclami del ministro dell'Informazione Zaibullah Mujahid. Anche perché la "commissione culturale" del nuovo Emirato ha ordinato alle amministrazioni locali di compilare liste di donne «con meno di 45 anni» per trovare spose ai combattenti. Il ritorno al regno del terrore del mullah Omar, padrone del Paese dal 1996 al 2001, sembra dietro l'angolo. --© RIPRODUZIONE RISERVATA