Vince Renzi: ora maggioranza con Forza Italia, Bonino e Toti
il retroscenaFabio Martini / romaSul far della sera Matteo Renzi si era ritrovato solo. Isolato come poche altre volte nella sua vita, messo al pubblico ludibrio dai suoi alleati che gli rimproveravano di aver fatto saltare il banco. Con alcuni suoi parlamentari, preoccupatissimi dall'isolamento e sulla chat gli chiedevano: «Matteo, vediamoci subito, stasera!». Lui nicchiava, sino a che alle 21,40 il Capo dello Stato ha fatto annunciare di aver convocato Mario Draghi al Quirinale. A quel punto l'ex sindaco di Firenze ha capito che ce l'aveva fatta: l'uscita da palazzo Chigi di Giuseppe Conte e l'ingresso dell'ex presidente della Bce era la soluzione congiunta per lui ideale. Ovviamente si è ben guardato dal gioire pubblicamente, ha fatto trapelare la sua soddisfazione per la «decisione saggia del Capo dello Stato», ma ha chiesto ai suoi la massima sobrietà nei commenti. Insomma, apprezzare la soluzione, ma vietato gioire smaccatamente. Eppure nelle chiacchierate di queste ore Renzi ha già tracciato la nuova maggioranza: «La precedente, con qualche defezione dei Cinque stelle, più Forza Italia, Toti, Bonino e probabilmente l'astensione della Lega, che così può votare quel che condivide ma si tiene le mani libere». Uno scenario che Renzi aveva studiato e affinato nelle settimane scorse. Ne aveva parlato più volte con tutti i principali leader. E anche con Matteo Salvini, che l'altro giorno lo aveva gratificato privatamente con una "delicatezza" rimarchevole. Prima di salire al Quirinale, Salvini ha chiamato Renzi per informarlo cosa avrebbe detto il centrodestra a Mattarella. Ma nella nuova maggioranza, la Lega non avrà un ruolo centrale. Un ruolo importante lo avranno i Cinque stelle. Non è certo un caso se nel post su Facebook col quale ha liquidato il tentativo di Fico, Renzi non abbia polemizzato direttamente e aspramente con i suoi alleati. Aveva scritto: «Bonafede, Mes, Scuola, Arcuri, vaccini, Alta Velocità, Anpal, reddito di cittadinanza. Su questo abbiamo registrato la rottura, non su altro. Prendiamo atto dei niet dei colleghi della ex maggioranza. Ringraziamo il presidente Fico e ci affidiamo alla saggezza di Mattarella». E la caduta di Conte? Parlandone con un suo parlamentare, Renzi ha sostenuto che a suo avviso Conte abbia sbagliato a defilarsi. Confida Renzi: «Se fossi stato in lui avrei "mollato" su qualcosa: possibile che su tutto quello che ho chiesto mi hanno risposto di no? Ho chiesto di prendere solo 6 miliardi del Mes anziché 36, mi hanno detto di no. Sulle infrastrutture ho chiesto la Torino-Lione e la Gronda e mi hanno detto no. Su giustizia e reddito di cittadinanza peggio che andar di notte, per me è stato un bagno di sangue. Ho chiesto di cambiare il ministro della Pubblica istruzione e mi hanno che non se ne parlava e anche Bonafede non si toccava. Possibile che dopo aver combinato tutto 'sto casino, mi ritrovavo, oltreché con Orlando, anche con Bonafede vicepremier?». E nei racconti fatti in queste ore, Renzi ha dettagliato: «Erano disposti a cedere sulla Catalfo ma non volevano che la sostituisse la Bellanova perché la Cgil non la vuole! Noi avevamo dato una mano anche quando la Boschi si è tirata fuori. Certo, a me interessava il Mef. Non soltanto non ce lo davano ma alla fine Pd e 5s si sono arroccati su tutto». Il 2 febbraio è stata una giornata di decisioni spericolate ma anche di docce scozzesi per l'ex presidente del Consiglio. La rigidità che più ha indispettito Renzi, anche se non lo ha dato a vedere, è stato il veto verso un ingresso al governo di Maria Elena Boschi, che il capogruppo alla Camera Cinque stelle Crippa ha motivato col fatto che l'ex ministra è indagata a Firenze, nella stessa inchiesta che vede coinvolto Renzi. Da quel momento è partito il festival dei veti incrociati. Erano le 19,40 quando l'ex presidente del Consiglio ha pubblicato il post su Facebook e da quel momento Renzi è stato ricoperto di invettive da parte dei suoi alleati, oramai ex, Dem e Cinque stelle. Attacchi personalizzati, durissimi che lo hanno identificato come l'«uomo nero», il responsabile di ogni errore, riportando l'orologio politico al 14 gennaio quando Renzi era diventato «demolition man». Esattamente due ore dopo Mattarella ha "resuscitato" il senatore di Scandicci. --© RIPRODUZIONE RISERVATA