In viaggio con pendolari e vacanzieri «Sulla Savona-Torino niente è scontato»
il reportagedall'inviato a Carcare (SV)Niccolò ZancanLa chiamavano Verdemare, come un sogno di mezza estate. Ora il sogno è soltanto uno: riuscire ad arrivare. Arrivare in un tempo ragionevole. Arrivare sani e salvi. Perché per l'autostrada A6 Torino-Savona ormai sono necessarie specificazioni di questo tipo: «Non si è verificato alcun crollo di intonaco né tantomeno di cemento nella galleria di Quiliano. Si è verificata solo una piccola nuvola di polvere di vernice staccatasi dal fianco della galleria». Eppure, a causa di quella «piccola nuvola di polvere di vernice», come ha specificato la società che gestisce il tratto, la galleria giovedì notte è stata chiusa. E adesso si passa stretti. Ci sono lavori in corso. Lì dentro, come ovunque. La via per il mare è una sequenza di strettoie, cantieri, deviazioni, frane da rimuovere, marciume, crepe, viadotti da ricostruire, semafori per eventuali smottamenti e cartelli che addirittura dicono: «Velocità massima 40 all'ora». «È una vita impossibile» dice Fabio Augeri, 38 anni, funzionario commerciale per Sammontana. Ogni anno, a bordo della sua station wagon, macina 70 mila chilometri. Il viaggio più frequente che deve fare è da Torino a Sanremo: «Si guida in condizioni difficilissime. Non ci sono corsie di emergenza. Le code sono una certezza quotidiana. Dopo il crollo del Ponte Morandi, le cose sono addirittura peggiorate. Io, sinceramente, ho paura di quello che potrebbe succedere. E poi c'è questa cosa assurda: il servizio offerto è inesistente. Eppure bisogna pagare il pedaggio come se questa fosse davvero un'autostrada». Galleria Millesimo: strettoia a una sola corsia. Viadotto Pian del Don: idem. Ad Altare: muraglioni di cemento, una sola corsia. Galleria Castellano: restringimenti. Galleria Passeggi: una corsia. Viadotto Ricchini: una corsia. L'autostrada fu inaugurata nel 1960, ma venne finita davvero con i raddoppi solo nel 2001. Era un tale groviglio senza senso, che aveva anche l'appellativo di «autostrada della morte». Gli incidenti erano molto frequenti. E adesso, nel tratto montano che unisce il Piemonte alla Liguria, di nuovo, si passa a malapena. «Nelle ultime settimane, ai miei amici rispondo così: se riesco ad uscire dalla Liguria, ci vediamo». Nulla è scontato per chi deve muoversi sul territorio con la più alta concertazioni di gallerie e viadotti d'Italia. Il signor Riccardo Mazzini, odontoiatra di 70 anni, ogni inverno parte da Recco per andare a sciare a Limone Piemonte: «Non sono mai certo dell'arrivo. Per questo rispondo in quel modo. Può capitare una coda di quattro ore. Magari torno indietro. Sono preoccupato per questa situazione. In quarant'anni, non l'ho mai vista tanto drammatica. Cosa è successo? Un classico italiano. Correre a chiudere la stalla quando i buoi erano già scappati. I signori delle autostrade si sono messi fare i lavori tutti insieme, dopo anni senza manutenzioni». I primi segnaliA pensarci bene, tutto era iniziato ancora prima di entrare in autostrada. Il primo segnale arrivò ad aprile del 2017. Due carabinieri di pattuglia sotto un viadotto della tangenziale di Fossano sentirono degli scricchiolii. Fecero appena in tempo a buttarsi fuori d'auto, prima di essere schiacciati dal crollo. E dopo quel raccordo collassato, ci fu il Ponte Mollere Sud, all'altezza di Ceva: talmente malandato da richiedere l'abbattimento e la ricostruzione. Così le auto si ritrovano incolonnate sull'altro troncone. Parallele, nei due sensi di marcia, su un'unica corsia. È per quei lavori che da due anni si formano code infernali in andata e ritorno dal mare. E non c'era ancora stata la frana del 24 novembre 2019 che ha abbattuto di netto il viadotto di Altare. Non c'era ancora stato l'allarme su 200 gallerie autostradali italiane, molte delle quali si trovano proprio qui. «È inutile girarci intorno, siamo molto amareggiati» dice Massimiliano Marenco, 49 anni. Lui presidia una specie di trincea. L'autogrill di Carcare Est in frazione Vispa, 410 metri sopra il livello del mare. Una pompa di benzina inaugurata nel 1960, fra boschi di faggi e castagni. «Ho iniziato a lavorare quando era un ragazzino di 16 anni. Il primo fu mio nonno. Poi venne mio padre. Il terzo sono io. La verità è che queste gallerie sarebbero tutte da rivedere profondamente. Non servono ritocchi, operazioni di facciata. Sono state trascurate per troppi anni. Bisognerebbe avere più rispetto per i viaggiatori. Ma le strade fanno pietà e gli automobilisti vengono tartassati. Purtroppo questa è l'Italia».Sono passati quasi due mesi dal giorno in cui una frana ha abbattuto il viadotto di Madonna del Monte ad Altare. Ma per chi cerca oggi un percorso su «Google Maps» l'autostrada viene segnalata ancora chiusa. È un errore. Perché si passa sull'altro troncone, in direzione contraria, e si procede lentamente. L'autostrada è aperta. Ma chiamarla autostrada non ha alcun senso. --© RIPRODUZIONE RISERVATA