Giuliano Scabia, ottant’anni pieni di utopie
di Roberto Canziani Sostiene Giuliano Scabia che i compleanni, lui se li dimentica. Non quelli degli altri, i suoi. Ma questo è un compleanno speciale. Cominciato ieri, durerà fino a domani. Ha le cifre tonde. E resterà come tacca segnata bene sulla corteccia di quell'albero forte, sviluppato per rami, fronde e foglioline, che è la sua vita nell'arte: scritture, teatro, invenzioni. Ieri Giuliano Scabia ha compiuto 80 anni. Mai più lo crederesti, vedendo il suo sorriso luminoso, l'aureola di capelli bianchissimi, il suo modo di esprimersi, volatile e attuale. Questa mattina Scabia sarà a Cividale, perché Mittelfest festeggia assieme a lui un suo inedito progetto, "I sei canti dell'infinito andare", realizzato dai giovani attori dell'Accademia Nico Pepe di Udine, con la cura di Valter Colle e la regia di Massimo Somaglino: una camminata di "teatro vagante" in partenza alle 11 da Piazza Diacono. Domani sarà in Toscana, dove Volterrateatro gli dedica un altro incontro. Provare a dire tutto ciò che Scabia ha inventato e scritto in questi decenni occuperebbe libri e libri. Già molti sono i suoi, e altrettanti quelli scritti su di lui da altri. Mettere insieme le fotografie e i filmati che raccontino il suo essere attore e personaggio, angelo e diavolo, poeta-albero e professore, riempirebbe chissà quanti dischetti, chiavette o nuvole. Tutti aggeggi che lui domina, ma con la mano della poesia. Per chi lo ha avuto come maestro al Dams di Bologna, lavorargli accanto è stato scoprire un dimensione sconosciuta, incamminarsi dietro al "teatro vagante", inseguire gorilla quadrumàni o spiare, fermi, cinghiali al limite del bosco. Per altri, che ancora ricordano la sua avventura e quella di un fantastico quadrupede azzurro, Marco Cavallo, dentro i padiglioni dell'Ospedale Psichiatrico di Trieste - al fianco di Franco e Vittorio Basaglia, Peppe dell'Acqua, di un'idea che diceva e ancora dice "la libertà è terapeutica" - quella è stata un'esperienza irripetibile. Certi suoi titoli d'artista avanguardista hanno ancora oggi il potere di farti saltare sulla sedia ("Zip Lap Lip Vap Mani Crep Scap Plip Trip Scrap e la Grande Mam alle prese con la società contemporanea", 1965) o di incantarti ("L'insurrezione dei semi con prologo a cavallo scendendo il colle in cinque stazioni", 2004). Mentre chi ha letto uno dei suoi romanzi, o si è soffermato su una delle sue poesie, sa che a seguirne i versi si può arrivare in capo al mondo. Gli abbiamo chiesto se tutto il fervore e i semi creativi che lui ha piantato per almeno 50 anni, noi, la generazione venuta dopo, siamo stati in grado di coltivarli e farli crescere. «Il tempo respira. La società ci fa nuove domande e brucia il passato. L'importante per me è aver fatto bene il proprio compito, averlo descritto, documentato». Poi lo abbiamo invitato a parlarci della Trieste di quei formidabili anni '70 e di quella di oggi, dove da un po' non è tornato. Invece di lunga rievocazione, lui ci ha scritto al volo, di getto, una poesia. Che pubblichiamo integralmente. "Trieste delle ragazze ridenti, le più libere, / le più canterine: l'allegria di Trieste / passeggiando con una lontana fidanzata / su per Miramar, su per Opcina, / su per quel Carso, e mare, e nuvole, /e sempre un urgere di gioia in incontri / che hanno segnato la mia vita: Trieste / italiana, veneta, austriaca, slovena, / dublinese, viennese, praghese, Trieste / viva nel suo cuore di vento, di luce / cavallina, oggi e sempre ritrovata / da san Giovanni a san Giusto, Trieste / coi suoi abitanti marineri, città di tre lingue / ancor oggi frontiera di utopie, di azzurro, / di viaggi e progetti, piena di cavalli / reali e mentali che dicono ancora e sempre / voglio divertirmi a correre, Trieste / che ha voluto affrontare il problema della mente / e della sofferenza, e della cura, e del prendersi cura, / coi suoi poeti e scrittori di ieri e di oggi, Trieste/ cara, sorella e fidanzata, innamorata del mare, innamorata…". ©RIPRODUZIONE RISERVATA