«Per mia sorella Lucia il calvario di mio padre»
di Maria Rosa Tomasello wROMA È un abbraccio improvviso e commosso tra il presidente della Repubblica Sergio Mattarella e il figlio di Paolo Borsellino, Manfredi, commissario di polizia, l'abbraccio tra due vittime della mafia, a sciogliere per un attimo la tensione che si taglia a fette nel sabato delle commemorazioni della strage di via D'Amelio a Palermo. Un giorno agitato dalle polemiche sull'intercettazione tra il chirurgo Matteo Tutino, arrestato per truffa nell'inchiesta sull'ospedale Villa Sofia, e il governatore siciliano Rosario Crocetta, un colloquio in cui quest'ultimo sarebbe rimasto in silenzio alla frase gelida dell'amico su Lucia Borsellino, all'epoca assessore alla Sanità: «Va fermata, fatta fuori. Come suo padre». Il ricordo dell'eccidio del 19 luglio 1992 resta sullo sfondo in questa estate di fuoco in cui Manfredi Borsellino si presenta a sorpresa nell'aula magna del Palazzo di giustizia. Non avrebbe dovuto esserci, come le sue sorelle, Fiammetta e Lucia, assenti come annunciato. Non c'è neppure Crocetta, messo sotto pressione sia dal Pd che dall'opposizione, a cui Rita Borsellino, sorella di Paolo, ha chiesto di non intervenire: ha mandato il vice, Baldo Gucciardi. Ma il figlio del magistrato-simbolo della lotta a Cosa nostra, schivo, riservato, interviene a sorpresa alla cerimonia organizzata dall'Anm, «ma non per mio padre, per mia sorella Lucia» e perché Mattarella «è stato punto di riferimento per mio padre e per la mia famiglia»: «Non credevo che la figlia con cui mio padre viveva in simbiosi, la primogenita, dopo 23 anni dalla sua morte dovesse vivere un calvario simile a quello del padre». Lucia, dice, «ha portato la croce, di questo si è trattato. Voleva una sanità libera e felice, ed è rimasta fino al 30 giugno per amore di giustizia, di suo padre, per poter spalancare le porte di un assessorato e di una sanità al centro da sempre di interessi mafiosi e del malaffare alla procura della Repubblica e alle forze di polizia». È un luogo atto d'accusa, in cui Borsellino denuncia «il silenzio sordo delle istituzioni» dopo le dimissioni della sorella, con una lettera «che già diceva tutto». Rivela che la sorella «da oltre un anno era consapevole del clima di ostilità in cui operava e delle offese che le erano rivolte»: dunque, dice, «non sarà la veridicità o meno di una singola intercettazione a impedire ai siciliani onesti di conoscere lo scenario drammatico in cui si è trovata a operare». Per Mattarella le sue ultime parole: «Dovrei chiederle di essere destinato altrove, lontano da questa terra davvero disgraziata, ma ribadisco con forza che ho il dovere di rimanere qui. Lo devo a mio padre e soprattutto adesso a mia sorella Lucia» conclude. E mentre si allontana il capo dello Stato si alza e lo abbraccia. Crocetta rompe poco dopo il silenzio nel quale si è rinchiuso nella sua casa di Tusa: «Non ho mai lasciato sola Lucia, la sua sofferenza e il suo calvario sono stati anche miei - dice - Poteri forti volevano farla saltare sul caso della piccola Nicole (la neonata morta su cui è aperta una inchiesta, ndr), per poi far saltare me». Il governatore si difende parlando di decisioni condivise, di pressioni per le dimissioni a cui lui si sarebbe sempre opposto, mentre le intercettazioni agli atti dell'inchiesta confermerebbero lo stretto rapporto tra il presidente e il re della chirurgia plastica e gli sprezzanti giudizi sull'assessore. Dopo due giorni di turbolenze il ministro dell'Interno Angelino Alfano, volato a Palermo con il titolare della Giustizia Andrea Orlando, conferma la sua fiducia nel procuratore capo di Palermo Francesco Lo Voi, che ha smentito l'esistenza del dialogo tra Tutino e Crocetta, confermato invece dall'Espresso: «Io credo a Lo Voi. Se l'intercettazione non è vera chi ha fabbricato la bufala si deve dimettere» dice, lanciando un appello che fa ipotizzare scenari diversi: «Se ci sono altri magistrati in possesso dell'intercettazione che lo dicano. L'incertezza crea un clima insopportabile. Se quelle procure non le tirano fuori in modo trasparente, non fanno il gioco dello Stato». «La famiglia Borsellino merita risposte e le avrà - commenta Lo Voi - Se circola la tesi che l'intercettazione possa essere in un'altra procura, perché insistere che si trova a Palermo? Qui non c'è». «Se dette quelle sono parole schifose» osserva il presidente del Senato Pietro Grasso, mentre Rodolfo Sabelli, presidente dell'Anm, chiede di «non sporcare con le polemiche la memoria delle vittime». ©RIPRODUZIONE RISERVATA