La poetica di Cantarutti in scena con "Trê zovini"
CIVIDALE DEL FRIULI Dietro il testo, una ricerca filologica seria, ma senza tentazioni "archeologiche", per tenersi il più lontano possibile dalla retorica e dall'agiografia. Il risultato è un'opera corale, che parla alla postmodernità, per restituirle, intatta, la poetica di una delle più emblematiche autrici del Novecento friulano e non solo, Novella Cantarutti, nata a Navarons nel 1920 e scomparsa cinque anni fa. Si tratta di "Trê zovini", lavoro teatrale con drammaturgia a cura di Massimo Somaglino (anche regia) e Carlo Tolazzi, musiche di Claudia Grimaz, che vedrà in scena come interpreti Chiara Benedetti, Sara Rainis, Aida Talliente, per uno dei più attesi debutti del Mittelfest 2014 (Chiostro San Francesco, oggi alle 22.30). Prodotto da Css Teatro stabile di innovazione del Friuli Venezia Giulia, con il sostegno di Arlef - Agjenzie regjonâl pe lenghe furlane, "Trê zovini" rappresenta l'ideale "germinazione" di un episodio di "Siums" (2012), il progetto produttivo a quadri ideato e diretto da Gigi Dall'Aglio per gli artisti della "Farie teatrâl furlane". «Al cuore di questo sviluppo - spiega Carlo Tolazzi - sta il nucleo della poetica cantaruttiana: la fedeltà, continuare a essere quello che si è stati». Lungi dal "conservatorismo", questo nucleo si sostanzia della «volontà di restare fedeli a determinati valori che si trasmettono attraverso le generazioni - precisa ancora Tolazzi - senza i quali anche la società attuale sarebbe perduta: sacrificio, solidarietà, fatica, lealtà». Di questi valori parlano gli episodi "agiti" dalle tre attrici, che si muovono in una scena spoglia, tra elementi naturali e simboli del lavoro, come pietre, pezzi di legno, gerle e sassi di fiume. «La drammaturgia nasce dal confronto con tre testi di Novella - racconta Tolazzi - due in prosa e uno in versi, ma anche dall'ascolto delle sue registrazioni, raccolte su cd e rintracciate su Youtube». Complessa, ma "scientificamente ricostruita", pure la lingua. «Dall'italiano al friulano della variante locale di Navarons - aggiunge Tolazzi -, poi "sciacquato" di nuovo nella ruvida parlata locale, verificata da chi ancora la usa». Le tre donne in scena sono in perenne trasformazione: di volta in volta giovani e vecchie, stanziali e viaggiatrici, madri e figlie, amiche e nemiche, in un gioco che collega passato e futuro sull'onda di memorie, dialoghi, azioni e canti (c'è anche una canzone di Bob Dylan). Oggi anche l'installazione-performance (multivideo) di Alfredo Lascosegliaz "L'insostenibile arte della guerra", che nel centenario del Primo conflitto mondiale, vuole celebrare la pace e la convivenza tra i popoli (Officine Ipsia, dalle 15.30). Ieri l'applaudita performance del danzatore-attore Cédric Charron, che in "Attends, attends, attends (pour mon pére)", coinvolgente assolo modellato su di lui da Jan Fabre, ha dato prova del talento e della straordinaria generosità verso il pubblico di cui sono portatori i "guerrieri della bellezza" cresciuti alla scuola del visionario artista a tutto tondo. La danza torna oggi con tre spettacoli per un unico evento "Tre solo, solo tre", nella chiesa di Santa Maria dei Battuti (alle 18): "Marginal land-Terra di confine" di Francesco Collavino, "Bussola" di Sara Grenga e "Senza sapere né leggere, né scrivere" di Giovanni Gava Leonarduzzi. Arriva al festival la musica "intuitiva", con il concerto di Markus Stockhausen, figlio del noto compositore tedesco Karlheinz Stockhausen, affiancato dal clarinetto di Tara Bouman, in Moving Sounds" (San Francesco, alle 20), e c'è anche l'anticonvenzionale "Pinocchio" prodotto da Zaches Teatro e Teatro delle marionette di Ekaterinburg (21.30, piazza Duomo). Alberto Rochira