In Pd e Forza Italia cresce la fronda contro l'Italicum

di Gabriele Rizzardi wROMA Il ritrovato asse Berlusconi-Renzi sulle riforme fa salire sulle barricate i dissidenti del Pd e i "frondisti" di Forza Italia. L'intenzione di legare la riforma del Senato alla legge elettorale senza preferenze non viene digerita neppure dal Nuovo Centrodestra, che perde per strada il senatore Paolo Naccarato (si è dimesso ieri) e minaccia il premier. «Se la legge elettorale resta questa, noi non la voteremo», taglia corto Gaetano Quagliriello. L'Italicum senza preferenze non piace neppure ai frondisti di Forza Italia. E anche nel Pd la tensione sale alle stelle. Ma il vicesegretario, Lorenzo Guerini, ricorda che la strada è stata già indicata da «un'ampia maggioranza» e auspica che il dibattito «non diventi l'occasione per frenare». A scommettere sul fallimento dell'asse Renzi-Berlusconi sono sopratuto i 5 Stelle. «Il patto del Nazareno non regge. Ma nessuno ve lo dice. Lunedì ci sarà il secondo tavolo con il Pd (in streaming) sulla legge elettorale. Continuo a sostenere che il M5S arriva al momento giussto per dare una legge elettorale migliore al popolo italiano» scrive su Facebook il vicepresidente della Camera, Luigi Di Maio. Nel Pd, a guidare il fronte dei favorevoli alle preferenze è Pier Luigi Bersani che, con una intervista a Sky Tg24, chiede a Renzi un profondo ripensamento. «L'Italicum va modificato, lo capisce anche un bambino. E poi bisogna fare in modo che il cittadino possa scegliersi il deputato. Le democrazie che funzionano non sono le democrazie padronali» attacca l'ex segretario, che boccia sia l'Italicum che la riforma del Senato e spiega perché: «Il combinato disposto delle due leggi darebbe tutto il potere nelle mani di un capo e di pochi suoi consiglieri. Vogliamo scherzare?». A mettere in guardia Renzi sono anche Vannino Chiti, Miguel Gotor e Stefano Fassina. Ma il più preoccupato è Gianni Cuperlo: «L'Italicum, così come è uscito dalla Camera, avrebbe margini di rischio di costituzionalità». La legge elettorale sarà modificata? Il capogruppo dei Senatori Pd, Luigi Zanda, apre uno spiraglio e parla di un «probabile miglioramento al Senato» mentre il vicesegertario del Pd, Debora Serracchiani, fa capire che senza l'ok di Forza Italia non si farà nulla: «A noi le preferenze non mettono paura. Ma gli accordi al momento non le prevedono. Se tutti sono d'accordo a cambiare questo punto, bene, altrimenti niente preferenze». Quel che è certo è che Silvio Berlusconi punta sulle liste bloccate e non vuole neppur sentir parlare di preferenze. Ma anche nel suo partito i frondisti restano sugli scudi e si aspettano qualche concessione per martedì prossimo, quando l'ex Cavaliere riunirà una nuova assemblea di deputati e senatori per far conoscere le sue «decisioni». Ma il leader di Forza Italia le idee chiare le ha già e ieri, dopo aver precisato che l'accordo con Renzi riguarda «solo le riforme istituzionali» e non anche la riforma della giustizia, ha affermato che sulla politica economia «Forza Italia resta all'opposizione» e poi ha lanciato un appello affinché i frondisti del suo partito rientrino nei ranghi. «Ho invitato e invito i nostri deputati e i nostri senatori a sostenere convintamente questo percorso, a cominciare dalla riforma del Senato che sarà seguita dalla discussione e approvazione della nuova legge eletorale». L'appello-precetto parte al termine di una giornata convulsa, che si apre con un durissimo scontro tra l'ala "renziana" guidata da Denis Verdini e l'ala dei "falchi" guidata da Renato Brunetta, che ufficialmente non dice una parola ma fa parlare il suo Mattinale: «Siamo concordi sul fatto che le riforme siano necessarie ma, mantenere fede ad un patto, non può implicare l'adesione passiva a una forma istituzionale da paese sudamericano bolivarista, dove chi vince prende tutto. Ma tutto, tutto. E senza contrappesi...». ©RIPRODUZIONE RISERVATA