Dieci foto e un documentario per un omaggio a Miran

di Pierpaolo Pitich Nel nome di Miran. Il Premio Luchetta 2014 si aprirà con il ricordo di Miran Hrovatin, il telecineoperatore triestino assassinato vent'anni fa a Mogadiscio in Somalia insieme all'inviata Rai Ilaria Alpi: una vicenda mai del tutto chiarita e che ancora oggi presenta molti lati oscuri. I primi dieci anni del Premio saranno raccontati nel percorso fotografico "I nostri Angeli. Le migliori foto nel ricordo di Miran Hrovatin", dove troveranno spazio gli scatti vincitori della sezione dedicata proprio al fotoreporter e cineoperatore, ossia quella per la migliore fotografia pubblicata su un quotidiano o periodico internazionale. Un vero e proprio percorso espositivo, curato dall'agenzia Prandicom, che dopo essere stato presentato in altri festival della regione (si è aperto a Vicino/Lontano e ad èStoria e farà poi tappa a Mittelfest e pordenonelegge) ripercorre da oggi nel cortile del palazzo della Regione in piazza Unità alcuni tra i più emozionanti "sguardi" sull'attualità del mondo attraverso le corrispondenze fotografiche giunte dalle più svariate latitudini del pianeta: dalla Sierra Leone (lo spagnolo Pep Bonet e il greco Yannis Kontos), dal Medio Oriente (lo statunitense Jim Hollander), da Chernobyl (l'olandese Robert Knoth), dal Congo (il francese Jerome Delay e Marco Gualazzini), dal Badakshan (la polacca Monica Bulaj), dalla Mongolia (Alessandro Grassani), cui si aggiungono gli scatti di Riccardo Venturi sulla lotta alla tubercolosi, e da Armando Dadi sul terremoto dell'Aquila. In galleria anche l'immagine vincitrice dell'edizione 2014, quella scattata ad Aleppo da Niclas Hammarstrom. La figura di Hrovatin emergerà nitida anche in un'altra iniziativa. Si intitola "Saluti da Miran" il film documentario che verrà proiettato sempre oggi alle 17.15 nel palazzo della Regione, prodotto da Videoest e sostenuto dal Fondo audiovisivo Fvg. È un ricordo firmato dal regista Giampaolo Penco, con le immagini realizzate dallo stesso Hrovatin nei suoi reportage di guerra dalla Bosnia, dal Sahara e dalla Somalia, ma anche con le testimonianze della moglie Patrizia, di amici e colleghi, e con una lunga intervista al figlio Jan. «L'idea nasce per far conoscere a tutti quella che è stata la figura umana e professionale di Hrovatin, attraverso un film biografico realizzato in modo affettuoso - spiega Penco -. Miran era una persona incontenibile, aveva l'argento vivo addosso. Amava il suo lavoro, ma anche i viaggi, la musica, le automobili: in una parola sapeva godersi la vita, consapevole che quando fai tutto quello che ti piace, devi fare i conti inevitabilmente anche con una componente di rischio». ©RIPRODUZIONE RISERVATA