La Serbia rassicura Mosca su South Stream

di Stefano Giantin wBELGRADO Malgrado le pressioni di Ue e Usa, South Stream s'ha da fare e si farà, almeno in Serbia. Così è stato ribadito ieri a Belgrado in occasione dell'attesa visita del ministro degli Esteri russo, Sergey Lavrov, sbarcato nella capitale serba soprattutto per fare il punto con la leadership del Paese balcanico sul futuro del gasdotto, cui Mosca tiene tantissimo. Un futuro offuscato dalla crisi in Ucraina, dall'insistenza di Bruxelles sullo stop allo "Juzni Tok" e dal congelamento del progetto nella vicina Bulgaria. Ma la Serbia non calcherà le orme di Sofia, ha assicurato il ministro degli Esteri serbo, Ivica Dacic, dopo aver incontrato ieri mattina Lavrov. «Tutti i progetti economici» con la Russia «che sono stati lanciati continueranno» come da programma, ed è «nell'interesse nazionale» che si arrivi al «completamento del gasdotto South Stream», oltre che alla trasformazione della Naftna Industrija Srbije (Nis), controllata al 56% da Gazprom neft e al 30% dal governo serbo, «nella migliore compagnia della regione», ha specificato l'ex premier socialista. E poi, se Nord Stream è stato costruito, «non vedo ragioni perché non lo sia anche» il suo fratellino meridionale, ha sottolineato Dacic. Da parte sua, Lavrov ha rimarcato che Mosca è «pronta» a puntare con forza sull'ultimazione del gasdotto ed è conscia «della necessità» che venga realizzato, poiché South Stream è «il solo progetto realistico» per garantire «la sicurezza delle forniture di gas nell'Europa sudorientale», pensato com'è per pompare più di 60 miliardi di metri cubi di gas all'anno dalla Russia sotto il Mar Nero, e da lì nel cuore dell'Europa. Lavrov ha pure toccato un altro tema chiave per il destino della Serbia, quello della futura adesione all'Ue. Il Cremlino, ha confermato il capo della diplomazia russa, guarda «con rispetto ai negoziati» in corso tra Belgrado e Bruxelles. Una posizione, quella di Mosca, che nasce «dalla inaccettabilità della creazione di nuove linee divisorie in Europa» e dalla volontà di «promozione dell'idea di uno spazio economico, umanitario e culturale unitario». In pratica, sì all'Ue con dentro la Serbia, ma l'Unione non deve essere un avversario della Russia. E Belgrado lavorerà in questo senso, ha assicurato Dacic, specificando che la Serbia non deve scegliere tra Bruxelles e Mosca. Rapporti quasi di fratellanza, quelli con Mosca, che non saranno mai messi a rischio, ha assicurato poi a Lavrov il presidente della Repubblica, Tomislav Nikolic, dopo aver sottolineato che sembra esserci al momento maggior comprensione da parte dell'Unione europea – che aveva esercitato forti pressioni su Belgrado affinché entrasse a far parte del "club delle sanzioni" contro il Cremlino – verso la delicata posizione del Paese balcanico, ponte tra Occidente e Oriente, tra Europa e Russia. Un ponte che dovrebbe accogliere Vladimir Putin, questo l'auspicio-invito girato da Nikolic a Lavrov, il prossimo autunno, per celebrare insieme alla leadership serba il 70° anniversario della liberazione di Belgrado. Chissà quanta acqua nel frattempo sarà passata sotto i ponti in Ucraina e in che misura saranno stati alimentati i fiumi di tensione che dividono oggi l'Ue dalla Russia. Parole simili a quelle di Nikolic e di Dacic sono state pronunciate, l'ultima prova della visione bifronte della politica estera serba, anche dal premier Aleksandar Vucic, che ha dichiarato all'inviato del Cremlino che «uno degli obiettivi della Serbia è quello di entrare nell'Ue, mantenendo allo stesso tempo buone relazioni con la Russia». Serbia che – ha chiosato Vucic con una nota – desidera sviluppare e approfondire la cooperazione con Mosca, «in tutti i campi». Serbia che, la promessa finale, si impegnerà, anche nel prossimo periodo di presidenza dell'Osce, nel 2015, affinché la crisi in Ucraina venga risolta attraverso il dialogo. ©RIPRODUZIONE RISERVATA