«Tesi copiata». Bufera sul ministro serbo

Duro scontro fra il premier serbo Aleksandar Vucic e la rappresentante Osce per la libertà dei media Dunja Mijatovic su presunte decisioni restrittive in fatto di informazione che il governo di Belgrado avrebbe adottato nei giorni delle disastrose inondazioni in Serbia nei confronti di tre siti web. Vucic, in una lettera dai toni secchi e perentori, ha chiesto ieri alla Mijatovic di scusarsi pubblicamente per le accuse a suo avviso infondate contro il governo che mettono in dubbio la libertà e la democrazia in Serbia. Nei giorni scorsi i responsabili dei siti in questione ne avevano denunciato il blocco e tre persone erano state temporaneamente arrestate con l'accusa di aver causato panico e allarme diffodendo false notizie sul numero di morti (migliaia) delle alluvioni. Altre venti persone erano state convocate dalla polizia per lo stesso motivo. Dunja Mijatovic, serba di Sarajevo, aveva espresso forti critiche per tali fenomeni di censura. Il premier, nella sua lettera di protesta, nega seccamente che sia stato il suo governo a decidere il blocco dei tre siti in questione e rinfaccia alla rappresentante dell'Osce superficialità e scarsa serietà, parlando di «sporca campagna» condotta ai suoi danni sia in Serbia sia all'estero. di Stefano Giantin wBELGRADO In Germania era toccato a due ministri, Annette Schavan e Karl Theodor zu Guttenberg. In Ungheria, addirittura al presidente Schmitt. Costretti a dimettersi perché le loro tesi di laurea o di dottorato contenevano "estratti" non virgolettati di opere altrui, uno dei più gravi misfatti in ambito accademico. Accadrà lo stesso, in Serbia, al giovane ministro degli Interni e già ex presidente del Parlamento, Nebojsa Stefanovic? Se lo chiedono in tanti, a Belgrado, soprattutto quelli che bazzicano su Twitter, blog, siti d'informazione alternativa. Siti autorevoli come il portale "Pescanik", che domenica ha lanciato la bomba. Bomba preparata da Ugljesa Grusic, docente all'università di Nottingham, da Branislav Radeljic, senior lecturer alla University of East London, e da Slobodan Tomic, dottorando alla Lse, e confezionata in un pezzo intitolato «Ricevere un dottorato in Serbia non è mai stato così facile, il caso Stefanovic». La storia è questa. Stefanovic, altissimo papavero dei Progressisti del premier Vucic, nel 2011 ha ottenuto un master in Economia all'università privata belgradese "Megatrend" e solo due anni dopo, nel 2013, quando già aveva assunto l'impegnativa carica di presidente del Parlamento, nello stesso ateneo ha conseguito anche il titolo di dottore, con una tesi sul "Nuovo ruolo del management strategico nell'autogoverno locale", con Belgrado come "case study". Una tesi, ha segnalato Pescanik, che sarebbe stata «pesantemente copiata». Alcune parti della sua ricerca sarebbero state infatti estrapolate parola per parola dal lavoro di altri, «senza citarli», mentre altre porzioni sarebbero solo parafrasi senza la menzione delle fonti. Di esempi Grusic, Radeljic e Tomic ne portano in abbondanza. A pagina 14, quando Stefanovic scrive delle autonomie in Italia, a pagina 48, quando prende in esame l'Austria. E passi sospetti ci sarebbero anche alle pagine 35, 57, 59, 61, 77, 120, 146, 149, 170. In generale, la tesi di dottorato di Stefanovic non avrebbe in sé «alcun valore scientifico». Una delle tante riprove, il fatto che contenga solo 41 note a piè di pagina. Ma perché i tre studiosi hanno deciso di mettere alla berlina Stefanovic e Megatrend, all'estero famosa anche per il dottorato honoris causa concesso nel 2007 a Gheddafi, in patria a volte definita un "diplomificio" per ricchi, famosi e potenti? Il «procurarsi titoli accademici» in maniera non consona o illecita oppure attraverso conoscenze personali è un «problema serio» in Serbia, anche perché ha prodotto «selezione negativa», demolito la meritocrazia, creato un'economia non competitiva, hanno spiegato. Le «autorità» non hanno reagito e allora spetta ai cittadini e ai ricercatori «affrontare il problema». Problema che non riguarderebbe solo Stefanovic, hanno assicurato Grusic, Radeljic e Tomic, promettendo poi altre rivelazioni del genere che toccheranno anche esponenti «di altri partiti». Reazioni in Serbia? La più sospetta, la messa offline domenica sera per alcune ore del sito di Pescanik a causa di un «attacco hacker», ha denunciato il portale, che ieri ha precisato che uno degli indirizzi Ip da cui l'assalto Ddos è partito sarebbe riconducibile alla stessa Megatrend. Per il resto, la stampa di Belgrado si è chiusa in un incredibile silenzio sulla vicenda, svegliandosi dal torpore solo in parte con l'ingrossarsi della questione e l'arrivo delle prime repliche. Repliche come quella di Stefanovic, che ieri ha ricordato che la commissione di dottorato ha valutato positivamente la sua tesi e che i riferimenti ad altri testi sarebbero stati chiaramente indicati. O come quella del professor Jovanovic, numero uno di Megatrend, che ha difeso a spada tratta il suo ex studente e ha bollato come «attacco dalle motivazioni politiche» l'articolo di Pescanik. Contro gli autori di quest'ultimo, Megatrend valuterà se sporgere denuncia. Parole che hanno fatto ribollire ancor di più il web serbo, già in allerta a causa dei toni del governo durante la recente alluvione. ©RIPRODUZIONE RISERVATA