Yves Saint Laurent, ragazzino senza spessore

di Andrea Crozzoli wCANNES È stato il più grande couturière francese della seconda metà del secolo scorso e Cannes non poteva lasciarsi sfuggire l'occasione di rendergli omaggio presentando in concorso Saint Laurent di Bertrand Bonello con Gaspard Ulliel (nei panni dello stilista), Jérémie Rénier, Léa Seydoux, Valeria Bruni Tedeschi, Jasmine Trinca, Louis Garrel, Dominique Sanda, Helmut Berger. È il secondo film in breve tempo su Yves Saint Laurent (1936-2008), dopo quello di Jalil Lespert, che affronta la figura complessa, sfaccettata, ambigua e geniale dello stilista, compresi i suoi attacchi maniaco depressivi, la sua timidezza scontrosa, i suoi scatti di nervi, i suoi eccessi di alcol e droga, oltre, naturalmente, le sue vivaci intemperanze erotiche omosessuali. Yves, che era nato a Orano, in Algeria, da un'aristocratica famiglia alsaziana che si era stabilita in nord Africa a causa della guerra franco-prussiana, divenne l'uomo che sovvertì gli schemi della moda e si aprì alla modernità con invenzioni stilistiche che resteranno immortali, come gli abiti ispirati ai quadri dell'olandese Piet Mondrian. Bonello concentra la sua attenzione nel decennio 1966-'76, ossia il periodo che va dall'apertura della sua boutique sulla Rive Gauche a trent'anni, fino alla realizzazione della Collezione Russa dieci anni dopo, spendendo ben due ore e mezza per raccontarci la vita professionale e privata di Saint Laurent e il suo legame con il compagno fedele di tutta la vita Pierre Bergé, che peraltro non ha autorizzato, a differenza del precedente film, questa pellicola. Un film che ha il suo punto debole nella sceneggiatura priva di un vero e omogeneo spessore drammaturgico. La sensazione da un lato è di assistere a una serie di raccordi fra una scena e l'altra e non a un film vero e proprio. A questo si aggiunge la presenza di Gaspard Ulliel, classe 1984, che dimostra molti meno anni dei suoi trenta e diventa poco credibile nel rappresentare il quarantenne Yves nel 1976. Ulliel, che non ha alle spalle una vera carriera cinematografica se non quella di modello e testimonial per Chanel di una nuova fragranza giovane, virile, energetica e misteriosa, in un commercial diretto nientemeno che da Martin Scorsese, a suo vantaggio ha solo un fisico asciutto come quello che aveva Yves all'epoca e un notevole attributo esibito nelle scene senza veli e ripreso frontalmente da Bertrand Bonello, regista anche di Le Pornographe, film che ha vinto il premio Fipresci a Cannes nel 2001 e di House of Tolerance, presentato sempre a Cannes nel 2011. In ogni caso su Yves Saint Laurent, che a suo tempo aveva dichiarato: «Ho conosciuto quei falsi amici che sono i tranquillanti e le droghe e la prigione della depressione e delle cliniche. Faccio parte di quella che Marcel Proust chiamava: "la magnifica e lamentosa famiglia dei nevrotici"», sono in arrivo altri film e documentari. Viene dall'Argentina l'altra opera presentata ieri in concorso, e ha la coproduzione di El Deseo di Pedro Almodovar, Relatos Salvajes di Damián Szifron, un film ad episodi a dir poco grotteschi, violenti, folli e divertenti. Sembrerebbe a prima vista solo un bel filmetto fuori di testa, approdato immeritatamente al concorso e invece fra risate, sangue, vomito e botte a non finire, c'è la precisa fotografia di una società allo sbando. E oggi sarà il turno dell'italiana Alba Rohrwacher con Le meraviglie. ©RIPRODUZIONE RISERVATA