Renzi: «Ora la Daspo per i politici corrotti»
di Nicola Corda wROMA Sui pedali. Matteo Renzi pedala all'alba nello stabilimento della Tecnogym di Cesena, spinge sulla cyclette, consapevole che nell'ultima settimana di campagna elettorale è cominciata la salita. Tour emiliano che comincia così, tra tapis roulant e pesi, in visita all'azienda giovane e leader nel mondo fitness, specchio dell'Italia che vorrebbe il premier. Pedala Renzi, perché la sfida è dura, Grillo insegue ma nessuno nel Pd è tranquillo: i sondaggi riservati che arrivano al Nazareno mettono in agitazione. Un finale tutto giocato con «la speranza contro la rabbia» contro chi gioca al «tanto peggio». L'inchiesta Expo ha messo poi il turbo alle invettive del capo del Movimento 5 Stelle che lucra voti sul malaffare che addebita agli altri partiti. A Renzi ora, non basta più la nomina di Raffaele Cantone, specie dopo che il commissario Anticorruzione ha messo in chiaro le sue intenzioni chiedendo poteri d'intervento concreti ed efficaci. «Ai politici che prendono tangenti come ai tifosi bisogna dare il Daspo», dice il premier, ricordando che l'Expo è una grande opportunità per l'Italia «ma la legge si rispetta, a partire dai nostri». Grillo nei comizi emiliani è sempre al centro del mirino di Renzi: «Non prendiamo lezioni di legalità da chi è andato in Sicilia dire che la mafia non esiste». Diventa "Beppegufo" che, come molti altri avversari, tifa a perdere. «Scommettere sulla sconfitta dell'Italia non è cosa da Italiani. Noi invece salveremo questo Paese dai gufi e dai disfattisti». E rievocando la doccia gelata arrivata in settimana sui dati del Pil, bastona «editorialisti e commentatori contenti come se la sconfitta fosse per loro una vittoria e invece se ce la fa il governo ce la fa l'Italia». Renzi gioca la carta che lega tutto ai destini del Paese e ancora contro i 5 Stelle punta sul voto utile. «Oggi abbiamo da mandare in Europa gente che non ci faccia vergognare - ha spiegato ai 5mila forlivesi - ma il tempo dei pagliacci è finito. Tocca a gente seria, che vada a portare alta la bandiera tricolore e che non fischi l'inno nazionale». Inno che «non si fischia, caro Beppegufo, perché noi vogliamo bene all'Italia, siamo italiani prima che democratici e l'inno lo portiamo nelle scuole». L'Italia, il governo, il Pd, l'alfabeto elettorale del premier è in un unico blocco contro l'avversario che insegue. Perché per i Dem, Grillo non solo va tenuto a distanza, ma se il 25 maggio mette in ginocchio Forza Italia, l'impianto già traballante delle riforme istituzionali va per aria, e la scommessa del premier-segretario diventerebbe proibitiva. La piazza: «Il Pd se la riprende, ecco come torniamo a riempire le piazze, non abbiamo paura di stare in mezzo alla gente», scrive poi sui social network immortalando la folla di uno dei comizi emiliani e rimettendo in gioco l'orgoglio di partito. Così come sottolinea dignità e abnegazione di chi si sta risollevando dal terremoto, quando fa tappa a Medolla, uno dei paesi più colpiti dal sisma 2012. Con i sindaci ed Errani fa il punto della ricostruzione. Mancano ancora risorse e Renzi assicura: «C'è ancora molto da fare, troveremo una soluzione». In Piazza Grande a Modena sono in 10mila ad attenderlo. Sulla via Emilia i banchetti di Lega e 5 Stelle: fair play con i leghisti mentre i grillini lo insultano dandogli del "ladro". Chiude il tour a Reggio Emilia in serata, il segretario del Pd che punta a diventare il primo partito nella delegazione nel Pse a Strasburgo «e a quel punto faranno i conti con noi sul patto di stabilità». Per Grillo e Berlusconi ultime frecciate: «Hanno detto entrambi che vogliono fare la marcia su Roma. La facciano, s'incontrino all'autogrill, si chiariscano ma ci lascino governare». ©RIPRODUZIONE RISERVATA