Diego Marani, così sta scomparendo il lavoro

Hanno sempre detto: il lavoro nobilita l'uomo. Ma piano piano, giorno dopo giorno, generazioni di uomini e donne si sono trovati concordi nel riconoscere un'altra verità: lavorare stanca. Come diceva anche il titolo di un libro famoso di Cesare Pavese. E adesso? Guai a fare affermazioni del genere. Perché, di questi tempi, il lavoro manca. E non ci si può più permettere di fare tanto i difficili. Bisogna tacere, obbedire, ringraziare. Ma è davvero così? Diego Marani ha più di qualche dubbio, in proposito. Ferrarese, classe 1959, un periodo di studi trascorso a Trieste (che l'ha portato a scrivere nel 2003 il libro "A Trieste con Svevo"), il vincitore del Grinzane Cavour con "Nuova grammatica finlandese" e del Campiello con "L'ultimo dei Vostiachi", si ferma adesso a riflettere nel suo nuovo romanzo "Lavorare manca" pubblicato da Bompiani, che verrà presentato domani, alle 10.30 alla Libreria Minerva di via San Nicolò 20 a Trieste. L'incontro, organizzato da Dialoghi Europei e coordinato da Giorgio Rossetti, vedrà la partecipazione di Miran Košuta e di Pierluigi Sabatti. Oltre all'autore, che è responsabile dell'unità Multilinguismo e comunicazione della Commissione europea. Marani sa bene che, a tutti noi, è stata fatta una promessa di felicità. Che poi è stata drammaticamente disattesa. Perché, da sempre, ci hanno raccontato che l'uomo senza lavoro non può vivere. E che chi si sottrae alla fatica finisce per diventare uno scioperato, un emarginato. Un elemento, insomma, da guardare con sospetto e malinconia. Ma poi? Improvvisamente il lavoro è venuto a mancare. Qualcuno ha cominciato a rivendicare il diritto a un liberismo sfrenato, a una globalizzazione finanziaria. E il lavoro è diventato una chimera. Marani affronta questo tema con la serietà di un saggista, con la fantasia di un narratore. Prima ritorna con la memoria nella sua terra. Ai tempi in cui il lavoro era un elemento imprescindibile, ma quasi sempre si faceva fatica a trovarlo, a ottenerlo. Abbozza il ritratto di personaggi che galleggiano tra il ricordo e la fantasia. Reinventa sulla pagina un'Italia che sembra lontanissima, anche se non sono passati poi secoli. Da lì, ritorna con ansia al nostro presente. Dove immagina un lavoratore, senza nome, che potrebbe essere italiano, ma anche no. «Uno fra tanti, che tornerà a casa una sera e dovrà dire a sua moglie che l'hanno licenziato, alla sua famiglia che non avrà più risorse, ai suoi figli che vedranno il loro futuro compromesso». Ma era davvero questo l'emozionante futuro che aspettavamo? alemezlo ©RIPRODUZIONE RISERVATA