I conservatori filoeuropei sognano il trionfo in Serbia
di Stefano Giantin wBELGRADO Belgrado ne è tappezzata e non è l'unica, in una Serbia decorata da manifesti, poster elettorali, gigantografie dei cavalli in lizza, tutti a garantire alla cittadinanza che loro hanno la soluzione, che di loro bisogna fidarsi. Cavalli, quelli che correranno alle elezioni parlamentari anticipate di domenica prossima, che si dicono sicuri di una cosa. La Serbia è sull'orlo della catastrofe economica e i colpevoli del disastro sono gli altri, tutti gli altri. Ma ora votatemi, sono io l'uomo giusto per riportare la nazione balcanica in carreggiata, l'appello di ogni singolo candidato. La pensa così Aleksandar Vucic, oggi primo vicepremier, ex ultranazionalista trasformatosi in europeista convinto ma sempre populista, paladino della lotta alla corruzione e ai tycoon dalle mani sporche, prontissimo a sedersi sulla poltrona di primo ministro. «Con le proprie forze, verso le riforme», verso l'Europa, assicura dai grandi e piccoli cartelli spuntati come funghi. «Chiaro, fermo, decisivo», mettete la croce su di me, gli rispondono i poster di Dacic, leader socialista ed ex alleato, scalzato dalla poltrona di premier. «So di chi fidarmi», suggerisce invece l'ex premier Kostunica assieme ai suoi Dss. Scegliete me, avrete scuole, ospedali, fabbriche», ordina Ceda Jovanovic, dell'Ldp, mentre la "new entry" Boris Tadic, con il suo neonato Nuovo Partito Democratico (Nds), ripropone la propria «visione» per la Serbia. Parole, promesse già tante volte sentite. Da qui forse la stanchezza dell'elettorato. E la possibilità di un'affluenza bassa è quantomeno realistica. Sul Kalemegdan, l'antica fortezza belgradese, la giovane Andjelka, di ritorno dal lavoro, è una delle astensioniste. «Ero decisa a votare Vucic, ma un'amica mi ha aperto gli occhi, anche lui è come tutti gli altri» si confessa. Poi s'infiamma: «Ho sentito oggi un politico che prometteva computer per tutti gli studenti, ma come si fa? Lo Stato non ha più un soldo, bugiardi». Se la donna non voterà, tantissimi altri invece metteranno la croce sull'Sns di Vucic, che ha soffiato sul fuoco della crisi di governo per capitalizzare i crescenti consensi. A seconda dell'istituto di ricerca, i Progressisti del futuro premier sono quotati dal 43 al 50%, una soglia quest'ultima – al momento non la più accreditata - che permetterebbe loro di governare da soli. Ma forse l'Sns non vuole prendersi tutta la responsabilità di reggere da solo un Paese che ha davanti mesi e anni difficili. «L'opinione generale è che l'Sns cercherà di allearsi con uno o due partiti minori di coalizione, così da ottenere più del 50% dei seggi in parlamento, senza dover scendere a troppi compromessi e condividere in larga misura il potere» con i potenziali prossimi alleati, spiega infatti l'analista politico Predrag Simic. Quali potrebbero essere questi compagni di viaggio? Difficile che siano i socialisti di Dacic, dati oltre l'11%. Potrebbero però essere «i liberaldemocratici di Cedomir Jovanovic», a cavallo della soglia di sbarramento del 5%, oppure persino «Boris Tadic, altro possibile candidato», fiero europeista e un tempo lontano, remotissimo, energico avversario dei Vucic e dei Nikolic. Fuori dai giochi, invece, i Democratici (Ds) oggi guidati dall'ex sindaco di Belgrado, Dragan Djilas, che mirano a raccogliere il 10% dei consensi ma che sono frenati dalla lotta fratricida scatenata appunto dal "fuoriuscito" Tadic. L'unica certezza dunque, per ora, la facile vittoria di Vucic. Chi è stato già cooptato con successo tra le fila dei supporter progressisti è Dusan, anziano pescatore sulle rive della Sava. «Guardate per esempio Beograd na vodi», il super progetto di nuova città con soldi arabi da costruire sulle sponde dello stesso fiume, «Vucic ha promesso che si farà e i primi passi sono già stati compiuti. È la prima volta che si muove qualcosa», giura l'uomo. «Certo», avverte poi minaccioso, «se tutto si fermerà allora Vucic è fritto». «Voterò Democratici, è l'unica alternativa, anche se non sono ottimista per domenica», dichiara invece il coetaneo Milos, marciando in centro a Belgrado durante una manifestazione elettorale dei Ds. Una manifestazione di una minoranza destinata, questo giro, a perdere. ©RIPRODUZIONE RISERVATA