Intellettuali regionali contrari alla celebrazione di D'Annunzio
Giorni fa è stata doverosamente pubblicata sul vostro giornale notizia della celebrazione di D'Annunzio a Ronchi dei Legionari. Perché se ne serbi ancora memoria, prego di pubblicare la seguente dichiarazione (affidata a un manifesto affisso all'epoca anche a Gorizia) che autorevoli intellettuali della regione avevano sottoscritto nel 1960 per criticare l'erezione in Ronchi dei Legionari di un monumento a ricordo della marcia su Fiume del 1919. "I sottoscritti, di fronte all'iniziativa, favorita da ben individuate forze politiche, di erigere nei pressi di Ronchi un monumento a Gabriele d'Annunzio con intendimenti di valutazione politica chiaramente emergenti dall'epigrafe che si intenderebbe apporvi, segnalano l'inopportunità storica e contingente dell'iniziativa stessa. "Essi non intendono qui esprimere un giudizio sull'opera artistica del poeta e su quella del combattente della guerra di redenzione; ma affermare che il fatto che si intende esaltare nel monumento portò conseguenze funeste, sia sul piano della vita interna del popolo italiano, che su quello dei rapporti con altri popoli. "Infatti indipendentemente dai propositi di sincero patriottismo di taluno dei partecipanti, oggi risulta chiaro – anche secondo il giudizio della più recente storiografia – che l'impresa dannunziana rappresentò il primo passo sulla via della sovversione violenta del costume morale e civile di libertà trasmessoci dalle generazioni del Risorgimento, nonché la premessa ideologica e tattica del fascismo, e comunque un sintomo evidente di quel disordine spirituale che interruppe il naturale sviluppo della democrazia italiana. "D'altra parte la stessa impresa, esasperando odi locali e conflitti nazionalistici, ostacolò l'avvio ad un'equa soluzione dei problemi politici dell'Alto Adriatico. "Celebrare oggi quest'episodio significa screditare l'ordinamento democratico del paese e compiere opera di educazione politica e civile, particolarmente nei riguardi dei più giovani, ai quali si addita come esemplare un gesto irrazionale di sovversione e violenza". I firmatari furono: professor Elio Apih (Trieste) docente universitario, storico; professor Giuseppe Citanna (Trieste) ordinario di letteratura italiana all'Università di Trieste; professor Biagio Marin (Trieste) poeta; Marcello D'Olivo (Udine) architetto; professor Livio Pesante (Trieste) insegnante; dottor Bruno Pincherle (Trieste); Tino Ranieri (Trieste) critico cinematografico; professor Carlo Schiffer (Trieste) storico; Gino Valle (Udine) architetto; Giuseppe Zigaina (Udine) pittore; Anzil Toffolo (Udine) pittore; professor Silvio Bertocci (Udine) pubblicista; professor Domenico Cerroni Cadoresi (Udine) poeta; dottor Giovanni Cimetta (Udine) presidente del Centro di Ricerche Culturali P. Calamandrei; professor Rino Domenicali (Udine) isnegnante; professor A. Gobessi (Udine) insegnante; professor Rocco Lamonarca (Udine) insegnante; professor Ernesto Mitri (Udine) pittore; avvocato Loris Fortuna (Udine) direttore di Politica e Cultura; prof. Nicolò Persici (Udine) insegnante; professor Maria Gigliola Pezzè (Udine) insegnante; Giulio Piccini (Udine) scultore; Max Piccini (Udine) pittore; Sergio Altieri (Gorizia) pittore; professor Radames Baldassari (Gorizia) preside di scuola Media; dottor Nereo Battello (Gorizia) presidente del Circolo Rinascita; Romolo Bertini (Trieste) pittore; Alfio Cantelli (Gorizia) critico cinematografico; professor Maria Cavazzutti (Gorizia) insegnante; Sabino Coloni (Trieste) pittore; ing. Ferdinando Gandusio (Trieste); Cesare Mocchiutti (Gorizia) pittore; professor Emilio Mulitsch (Gorizia) insegnante.