Elvira Luigia Morassi, prima donna-architetto al Politecnico

Centodieci anni il 23 luglio, dalla nascita di Elvira Luigia Morassi (1903-2002), goriziana, la prima donna laureata in architettura al Politecnico di Milano nel 1928 (insieme a Carla Bassi, milanese e compagna di studi), la seconda in Italia, se si conferma la notizia incerta che vorrebbe nel 1925 a Roma la prima laurea femminile italiana in architettura, con Elena Luzzatto. Ricordando il sistema didattico di quello che per noi è un lontanissimo passato, in una intervista a Laura Colussi nel 1999, la Morassi raccontava che «all'università di allora gli studenti in architettura erano ben seguiti in quanto pochi, anche se molte materie erano in comune con gli ingegneri. Questi al principio erano più numerosi, ma già al secondo anno, il loro numero si dimezzava! Per dare un'idea dell'esiguità del nostro numero basti pensare che gli ultimi tre corsi venivano riuniti assieme, in una sola aula. L'atmosfera che si respirava non poteva essere migliore; vi era una grande collegialità, un grande spirito di collaborazione e solidarietà». Dopo un periodo a Milano, nello studio di Giò Ponti dal 1927, si trasferisce a Parigi nel 1930, dove dall'anno precedente già c'era l'amico Veno Pilon (1896-1970) di Aidussina, che le fece un paio di ritratti molto belli: «la mia guida fu Veno Pilon. Fu lui che mi introdusse negli ambienti artistici presentandomi molti pittori e facendomi conoscere i loro lavori. Alla nostra compagnia si era unito anche un altro pittore goriziano, Melius, pure lui arrivato a Parigi nel 1930. Ma fu con Pilon che io scopersi la città: con lui visitai musei e gallerie, nonché le scuole superiori di architettura perché volevo conoscere le tendenze dell'avanguardia in campo architettonico. La mia impressione fu però che quanto si faceva a Parigi non era superiore rispetto all'attività che si svolgeva a Milano: soprattutto riguardo la progettazione degli interni e nell'allestimento dei negozi, la Milano che conoscevo era superiore a Parigi», racconta in un'altra intervista, pubblicata nel catalogo della mostra "Luisa Morassi Bernardis architetto–l'arte di progettare il quotidiano", a cura di Fabia Cabrini e Annalia Delneri nel 2001. Rientrata a Gorizia, nel 1932 inaugura la sua "Bottega dell'Arte", al pianoterra di casa Grion in corso Italia 44, dedicandosi nel suo studio casalingo di corso Italia 220 alla progettazione d'arredi, con riconoscimenti nazionali ed internazionali, e all'insegnamento della lavorazione del legno all'Istituto d'arte, dal 1944 al 1973. Tra i vari lavori, alcuni si conservano ancora come la biblioteca dell'Ospedale psichiatrico del 1933, l'arredo della sala del Consiglio provinciale e di quello Comunale degli anni sessanta, in collaborazione con l'ingegner Renato Fornasari (1912-1980), che delle sale curò la progettazione architettonica. Altri invece sono perduti, come gli arredi per la Camera di Commercio del 1933, o il distributore di benzina Aquila, che qualcuno ancora ricorda all'inizio della salita di via Aquileia negli anni cinquanta. Rari però i suoi manufatti edilizi, a testimoniare la diffidenza verso quelle che allora venivano chiamate "architettrici" e le difficoltà che le donne incontravano nell'accesso a una professione, troppo a lungo ritenuta di prerogativa maschile. Tra i lavori più interessanti, la Cappella mortuaria del Cimitero centrale, dai caratteristici setti parabolici, che tanto ricordano gli archi catenari di Gaudí per la casa Batlló o al collegio Teresiano di Barcellona. Per altre notizie, il sito: www.luisamorassi.gorizia.it Diego Kuzmin