Saba Sardi e la favola della conoscenza
Non è mai semplice commemorare qualcuno evitando la retorica dei cliché. Nel caso di Francesco Saba Sardi, triestino residente a Milano dove è morto il 17 ottobre, è però quanto mai necessario per non tradirne lo spirito e la lezione. Un grande traduttore (da Cervantes, Melville, Mann, Hugo, Hesse,Goethe, Tolkien e tanti altri) che di certo non amava le frasi fatte. Scampato ad Auschwitz, viaggiatore e poliglotta coltissimo, con circa settecento volumi tradotti da sei lingue diverse nel curriculum, studioso di miti e riti e autore di oltre cinquanta libri di narrativa, poesia e saggistica (da segnalare "Il grande Libro delle religioni" per Mondatori, oltre a "Che cos'è il Buddismo" per lo stesso editore e "Il Natale ha cinquemila anni", ristampato da Bevivino qualche anno fa) Saba Sardi ha avuto il coraggio e il merito di essere sempre un pensatore libero, "anti-normalinico" per dirla con lui, dove la normalina è la droga delle società civilizzate, implicita nella struttura di tutte le attività e gli organismi presieduti da una norma, la droga che la triade del dominio – Potere, Religione e Guerra – dispensa copiosamente nel tentativo di dare un senso alla realtà e mantenere l'ordine. E invece, a ripercorrere la vicenda della "conoscenza della conoscenza" si deve arrivare a una conclusione: "essere favola tutto ciò che sappiamo". La favola è tutto quanto si scrive e si pensa da millenni. In una mescolanza di tradizione e anticonformismo Saba Sardi trova soprattutto nei mitemi, a partire dalle antichissime profezie egizie e le invocazione ad Amon-Ra, il dio Sole, agli inni a Mitra, passando per i nuovi testi degli Apocrifi, fino ad arrivare ai testi sul Natale di Dostoevskij, T. S. Eliot e Dylan Thomas, materia viva per il suo anticonformismo e argomenta che il cristianesimo non rappresenta affatto un modo per rendere più astratta o spirituale l'idea di Dio. E' anzi vero il contrario: il dogma dell'incarnazione è una risposta sull'essenza "materiale" di Dio. Con questa sua sentenza, dirime il lungo e infinito dibattito sulla gnosi, che cercava di rendere metafisico o platonico il Dio della Bibbia e del Vangelo. Nella sua lettura provocatoria del cristianesimo e dell'arte religiosa, poteva risultare quasi blasfemo ai benpensanti. Nel corso della presentazione di "Il Natale ha 5000 anni", tenuta al Circolo della Cultura e delle Arti di Trieste,l più di un uditore ha abbandonato la sala, con un certo divertimento da parte dell'oratore. Lungi dall'essere fine a se stessa, la sfida è in certi casi strumento di dibattito e di riflessione. In realtà era un uomo di profonda religiosità. Tanti anni fa, durante un congresso a Milano, a qualcuno che gli chiedeva lumi sulla sua fecondità di traduttore e di scrittore rispondeva: «aspetto che lo spirito santo cali su di me. Sto in preghiera o in meditazione, in attesa che lo spirito santo cali, poi lo spirito fa lui. Né tradurre né scrivere è un lavoro. Infatti l'arte dovrebbe essere anonima». Chiara Mattioni