IL CERN APRE UNA FINESTRA SULL'UNIVERSO
di EDOARDO MARCHI
GINEVRAUn'attesa di quasi 20 anni e un batticuore dopo l'altro, ma alla fine le collisioni all'energia più alta mai raggiunta artificialmente sono arrivate e il Large Hadron Collider (Lhc) del Cern di Ginevra sta lavorando a pieno ritmo, producendo 50 collisioni al secondo che promettono di aprire la finestra su un mondo completamente nuovo.
Oggi l'Lhc è l'acceleratore di particelle più grande e potente del mondo e i protoni che corrono nel suo anello di 27 chilometri quasi alla velocità della luce collidono fra loro producendo particelle nuove. Un progetto al quale l'Italia ha una partecipazione di primi piano attraverso l'Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn), con oltre 800 ricercatori.
Se nei primi tempi la macchina ripercorrerà la fisica finora nota, quando la sua energia aumenterà ancora e i fasci diventeranno più ricchi di protoni permetterà di fare «un passo in avanti non solo per fisica delle particelle e per la comprensione del microcosmo, ma per l'astrofisica e la comprensione dell'universo», ha detto il direttore generale del Cern, Rolf Heuer, che ha seguito l'avvenimento in collegamento con il Cern da Tokyo insieme al direttore scientifico del Cern, Sergio Bertolucci.
Le risposte che potranno arrivare sono affascinanti e riguardano la materia oscura che occupa il 25 per cento dell'universo, nuove dimensioni dello spazio e nuove forze della natura, l'antimateria e la tanto attesa particella di Dio, il bosone di Higgs dal quale dipende la massa.
Alla lunga attesa, ieri si è aggiunta un'altalena di speranze e delusioni: per tre volte i fasci di protoni «sono andati giu», come dicono i fisici e una volta è accaduto per un problema dovuto, sembrava inizialmente, a un calo di tensione dovuto a un temporale e poi, ad un'analisi più approfondita, all'entrata in azione del sistema di sicurezza dei magneti. Per due volte i fasci non erano bene allineati e si è dovuto iniettarli nuovamente. «Quello che è successo è la realtà quotidiana nei laboratori», ha detto il coordinatore italiano di Atlas, Leonardo Rossi, dell'Infn. Infatti in tutti e quattro i grandi esperimenti dell'Lhc (Cms, Atlas, Alice, Lhcb) i ricercatori hanno continuato a lavorare tranquillamente e con pazienza in attesa di vedere perfettamente allineati i due fasci di protoni che scorrono in senso contrario nell'anello, che sui loro schermi apparivano colorati uno in rosso e uno in blu. «Poi tutto è andato meravigliosamente bene», ha detto il direttore dell'acceleratore, Steve Meyers.
Le sorprese non si sono fatte attendere: «immediatamente abbiamo avuto la sensazione di esplorare nuovo regime di energia, di vedere qualcosa di completamente diverso», ha detto la coordinatrice dell'esperimento Atlas, Fabiola Gianotti. Anche per il coordinatore dell'esperimento Cms, Guido Tonelli, «comincia un'avventura fantastica perchè per la prima volta entriamo in un territorio completamente nuovo».
Dopo i brindisi, non c'è tempo da perdere: i dati relativi alle collisioni, elaborati sono in parte dal gigantesco calcolatore del Cern, vengono già distribuiti in tutto il mondo, nella rete di calcolo Grid che comprende quasi 100.000 computer distribuiti in tutto il mondo.
Insomma, l'acceleratore Lhc è ormai al lavoro e con lui migliaia di fisici al Cern di Ginevra e nel resto del mondo. C'è la forte convinzione di poter arrivare a fare le prime scoperte già nelle prossime settimane, ma la strada è in realtà è ancora lunga.
L'Lhc sta già generando una mole di dati da analizzare e «pulire», operazione che avviene in ciascuno dei quattro esperimenti della macchina: basti pensare che l'acceleratore ha cento milioni circa di "canali" che registrano il passaggio di particelle. Si calcola che in questa viene cancellato il 95 per cento dei segnali. Sempre in ciascun esperimento, la configurazione elettronica decisa dai fisici cancella il rumore di fondo degli eventi attesi e non interessanti. Una selezione ulteriore avviene nelle sale sperimentali, utilizzando gruppi di computer.
A questo punto resta un pugno di dati, nemmeno l'1 per cento di quelli generati dalle collisioni, e su di essi si concentra l'attenzione dei fisici, che li suddividono per tipo di evento sulla base di modelli predeterminati, ottenuti negli ultimi anni da simulazioni fatte dai fisici.
I dati così selezionati vengono inviati al primo livello della Grid, cioè all'insieme di centri di calcolo distribuiti in tutto il mondo. Si tratta di 11 strutture di supercalcolo: una in Italia, a Bologna (al Cnaf dell'Istituto nazionale di fisica nucleare) , quindi 2 in Usa, 1 in Canada, 1 a Taipei e 6 in Europa. Questi centri hanno il compito di immagazzinare e distribuire ulteriormente ad altri centri della rete di calcolo i dati per le analisi.
Inizia a questo punto il lavoro capillare di analisi per capire se i dati mostrano una scoperta. Sono analisi che possono durare 3 mesi o 3 anni. A deciderlo, a parte il differente grado di complessità, è la rarità o meno dell'evento. Per sapere se si è davvero fatta una scoperta, occorre che un certo evento (la comparsa di particelle di un certo tipo) si verifichi in LHC per un certo numero di volte. Se l'evento è raro (ad esempio, accade mediamente solo una volta ogni sei-sette giorni di lavoro dell'acceleratore) occorrerà che si ripeta un numero sufficiente di volte per poter capire se i dati sono affidabili o meno.
Una volta che la quantità di dati e la loro analisi danno ai fisici una ragionevole certezza di essere davanti a una scoperta, si mette in moto il meccanismo abituale nella comunità scientifica: un articolo scientifico viene sottoposto a una rivista autorevole per essere valutato e reso pubblico.
«Queste collisioni inaugurano una stagione di raccolta e analisi dei dati che sarà determinante per le scelte future sulle infrastrutture e gli esperimenti di fisica delle particelle nel mondo». Così il presidente dell'Istituto nazionale di fisica nucleare, professor Roberto Petronzio, ha commentato le collisioni all'energia più alta mai raggiunta artificialmente, oggi prodotte dal Large Hadron Collider del Cern di Ginevra.
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