Kabul, il presidente Karzai canta vittoria: sono al 68%

KABUL Un nuovo, prematuro annuncio di vittoria al primo turno del capo di Stato uscente Hamid Karzai nelle elezioni presidenziali del 20 agosto scorso in Afghanistan ha segnato ieri sera la vigilia del giorno della verità, in cui la Commissione elettorale indipendente (Iec) fornirà finalmente i primi risultati preliminari parziali.
«Karzai ha vinto con il 68% dei voti» ha detto il ministro delle Finanze Hazrat Omar Zakhilwal, precisando che il presidente uscente ha ricevuto un forte sostegno elettorale in tutto il Paese e anche nel Nord. Fatto, ha detto, che mette il risultato al riparo dalle accuse di frodi nelle instabili regioni del Sud. Dati analoghi erano stati resi noti tre giorni fa dall'agenzia afgana Pajhwok: vittoria di Karzai con il 71% dei voti. Con oggi saranno trascorsi cinque giorni dall'Election Day, un lungo periodo in cui la Iec si è chiusa in un ermetico quanto imbarazzato silenzio, anche sull'affluenza al voto. Continua a essere argomento top secret. E che forse è il punto più dolente di un processo elettorale svoltosi per molti altri aspetti in modo accettabile. Ieri una fonte diplomatica occidentale a Kabul ha indicato di avere appreso che questo pomeriggio la Commissione «offrirà dati sul 10, massimo il 15% dei voti espressi; un campione comunque rappresentativo di tutto il territorio nazionale. Poi si proseguirà con un ritmo di un nuovo 10% al giorno». Nell'attesa del primo responso i due principali candidati, il presidente uscente Hamid Karzai e l'ex ministro degli Esteri Abdullah Abdullah, si sono lanciati prima in proclami di vittoria e poi in polemiche legate specie a una valanga d'irregolarità tale da alterare la volontà degli elettori.
Per fonti afgane bene informate, sfruttando il presupposto accettato da tutti e cioè che Karzai è il candidato più forte, lo staff di quest'ultimo ha giocato d'anticipo lanciando verso media e opinione pubblica l'operazione «vittoria inevitabile al primo turno».
«È stato un ex candidato rivale di Karzai nelle presidenziali 2004 e oggi suo alleato - ha spiegato ieri la fonte - a fornire due giorni fa alla stampa l'informazione che il capo dello Stato era in vantaggio con oltre il 71% dei voti e Abdullah era fermo al 23%». «Sono convinto - ha aggiunto - che nelle cifre qualcosa di vero ci sia ma non potrei giurare che non siano il frutto di brogli, soprattutto nel Sud e Sudest pashtun e quindi pro-Karzai, dove si è votato poco per la presenza dei talebani». Per la fonte infine non va sottovalutato che Karzai ha un suo ampio bacino elettorale, genuino perchè pashtun o indotto dalla sua condizione di presidente. E che due suoi ex sfidanti del 2004 (Mohammed Mohaqiq e Abdul Rashid Dostum, che raccolsero il 21% dei voti) sono ora suoi alleati. Conscio di ciò, Abdullah ha moltiplicato le sue denunce di brogli verso l'avversario, sottolineando che in province del Sud come Kandahar, Helmand e Nemroz, dove «al massimo il 10% della popolazione si è recata nei seggi, ci sarebbero urne piene di schede». È presto per giudizi sui brogli ma ieri Grant Kippen, presidente della Commissione per i reclami elettorali (Ecc), ha confermato che «il numero di denunce presentate è passato in due giorni da 225 a ben 760. Di queste 46 hanno ricevuto priorità nel trattamento» essendo tali da potere, se accertate, alterare il risultato del voto.
Abdullah punta ovviamente a forzare un ballottaggio: così avrebbe sondato la disponibilità di altri candidati autorevoli (Ramazan Bashardost e Ashraf Ghani) a formare un fronte comune per sfidare il favorito. Per la verità Ghani, gradito all'Occidente, punta sul fatto che il cancro dei brogli, che a suo avviso accomuna Karzai ad Abdullah, potrebbe spingere alla formazione di un governo di unità nazionale di cui lui vorrebbe essere regista. La partita si chiuderà al primo turno o a un ballottaggio? «Troppo presto per parlarne - dichiara il portavoce di Abdullah, Sayed Sancharaki - ma i nostri obiettivi restano quelli della campagna elettorale. Portare un vento nuovo, emendare la Costituzione, trasformare il sistema da presidenziale a parlamentare, con elezione diretta dei governatori provinciali». Intanto anche ieri i militari italiani in Afghanistan sono stati sotto attacco. Due attentati, in poche ore, nella provincia «talebana» di Farah.
Nel primo una bomba ha investito un convoglio ma il mezzo blindato «Lince» ha retto e nessuno si è fatto male. Nell'altro, all'esplosione ha fatto seguito un attacco con Kalashnikov e Rpg: i parà hanno reagito e un numero imprecisato di insorti ci ha lasciato la pelle. Nessun ferito tra gli italiani. Si sbagliava chi pensava che finite le elezioni sarebbe tornata improvvisamente la calma. Nel frattempo il ministro della Difesa Ignazio La Russa ha sottolineato il giudizio positivo espresso dalla comunità internazionale nei confronti del lavoro svolto dai parà italiani in Afghanistan. Il primo caporalmaggiore della «Folgore» Simone Mereu, 27 anni, di Marrubiu (Oristano), prova a sdrammatizzare. E dice: «È stato come un incidente stradale». In realtà il boato è stato assordante e probabilmente si deve ancora una volta a «San Lince», come i militari chiamano affettuosamente il blindato che ormai tante volte ha salvato loro la vita, se l'ordigno ha solo reso inutilizzabile il mezzo.