Roversi, «turista per caso» concluderà a Trieste il suo viaggio in barca a vela

TRIESTE Patrizio Roversi è soprannominato «Picio», ma l'appellativo non ha niente a che vedere col dialetto triestino. «Ho un fratello minore, e quand'era piccolo mi chiamava così perché non riusciva a pronunciare il mio nome - spiega il conduttore. - Però ne faccio un uso controllato: so che a Milano e Torino significa più o meno "pirla"». Mentre parla, Roversi tradisce la vena umoristica che l'ha reso famoso in Rai con trasmissioni di comicità surreale come «Politistrijka» e «Porca Miseria», anche se da anni ormai ha indossato vesti più impegnate girando il mondo insieme all'inseparabile compagna di vita Syusy Blady, prima come «Turisti per caso», e poi come velisti, sull'attrezzatissima barca a vela Adriatica. Che, dal varo del 2001, vanta già un giro del mondo (documentato proprio su RaiTre con «Velisti per caso»), un viaggio sulle tracce di Darwin (finito nella trasmissione «Evoluti per caso») e un giro dell'Italia, che doppierà dalla fine di ottobre partendo da Genova e terminando proprio a Trieste.
Intanto, Patrizio Roversi è in città già oggi, alle 18, per presentare alla Libreria Minerva il libro di Simona Cerrato «Mini Darwin. L'evoluzione raccontata dai bambini» (Editoriale Scienza), mentre domani, alle 16, al Palazzo dei Congressi della Stazione Marittima, parteciperà a «Comunicare Fisica», la conferenza-workshop nazionale organizzata dalla sede triestina dell'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare.
Signor Roversi, cosa racconterà nell'incontro di domani?
«Parleremo del progetto che, già un paio d'anni fa, ha portato sull'Adriatica circa cinquemila ragazzi delle scuole medie e superiori, ma anche della nuova iniziativa che ripartirà a fine ottobre. Nelle tappe intermedie tra Genova e Trieste, l'IFNF porterà gli studenti a bordo per spiegare attraverso esempi concreti la continua applicazione della fisica in barca. Ad esempio, verrà mostrato come si utilizzano le vele, quali sono le strumentazioni, perché la barca ha un bulbo che la rende praticamente inaffondabile. I ragazzi si divertono, i fisici sono entusiasti. Sarà coinvolto anche lo skipper Filippo Mennuni, che spiegherà come si governa un'imbarcazione. Domani spiegherò il progetto insieme a Gianni Siroli, Anna Gregorio, Fabrizio Fabbri».
L'Adriatica è una barca particolare?
«Dal punto di vista tecnologico, delle energie rinnovabili, è stata attrezzata in maniera innovativa da Enel con pannelli fotovoltaici, pale eoliche, un'elica che produce energia sott'acqua, un accumulatore di energia a idrogeno. Siamo stati oggetto di un sorta di esperimento».
Quando ha iniziato l'avventura in barca, nel 2001, non sapeva niente di vela. Com'è nata questa passione?
«Da due fattori. Primo, mio padre era un appassionato di barche, anche se da un punto di vista puramente teorico perché non ci è mai salito sopra. Quandomi accompagnava al mare guardavamo le barche da fuori e ci facevamo venire l'acquolina in bocca. Secondo, Syusy è una vera appassionata di barche a vela. Abbiamo deciso di dare un senso ai nostri viaggi attraverso il filo conduttore del giro del mondo. Poi a me ha lasciato fare i tratti più faticosi come le traversate oceaniche, lei ha fatto cose meravigliose come il giro delle isole, ma questo fa parte della nostra dialettica».
Con che spirito siete partiti?
«Volevamo dimostrare che anche chi non è esperto come Soldini, o non ha i soldoni per comprarsi uno yacht, può farcela lo stesso a partire e navigare. Adriatica è una barca didattica, richiede un equipaggio, ma abbiamo continuamente progetti per usi collettivi».
È difficile realizzare trasmissioni come «Velisti per caso» in Rai?
«È difficilissimo. Il primo problema è organizzare questi eventi, che paghiamo del tutto noi. Poi, magari, dalla televisione ci dicono che gli interessano delle puntate. Abbiamo un rapporto ottimo con la Rai, ma anche la rete ha sempre meno risorse. Forse Rai Tre dovrebbe averne un po' di più per progetti simili. Infine non è facile declinare i contenuti forniti dai fisici per la prima serata e il pubblico generalista, che vuole essere intrattenuto».
Da quando lei e Syusy siete partiti con «Turisti per caso», all'inizio degli anni Novanta, sembra che la vostra vita sia un continuo viaggiare...
«È una cosa da sfatare: siamo in giro il meno possibile. Abbiamo una figlia, Zoe, quindi uno di noi deve sempre stare a casa a Bologna con lei. Insomma non è una vita da nomadi. Purtroppo spesso rimaniamo turisti mordi e fuggi».
Qual è stato il viaggio più bello?
«Ogni viaggio è unico. Potrei dire le isole Svalbard, quasi al Polo Nord, dove Syusy non è voluta venire perché la temperatura è meno venti gradi, o la Polinesia. L'importante è investire emotivamente in una meta, sapere qualcosa di dove si va ed essere disponibili a imparare ancora».
Elisa Grando