"Vestiarte": un viaggio nel passato alla luce del presente

Che gambe: quattro modelli da uomo, tre lunghi e uno corto, quest'ultimo (viola intenso) è anche da donna. Il più vistoso ha la fantasia del costume di Arlecchino, gli altri due (un paio nero e uno blu) portano nel ricamo l'arco che incocca la freccia, simbolo della nobile casata mantovana. Immerso nei secoli passati, Il Museo di palazzo d'Arco vive anche la contemporaneità e si proietta nel futuro. Per vocazione conserva cose più o meno antiche, ma è aperto anche a quelle nuove. "Vestiarte", suggestivo viaggio nel passato alla luce del presente, è tornato nella sala intitolata al conte Luigi dove ieri si è svolto l'incontro "L'Arte InCalza", introdotto da Livio Volpi Ghirardini, presidente della Fondazione d'Arco che ha lanciato l'iniziativa in collaborazione con la start up About Socks, di San Benedetto Po. I titolari sono i soci Stefano Alberini e Marco Frignani (che hanno scelto i filati, ecologici al 100%, e prodotto le calze artigianalmente, a mano) mentre Elia Crippa è il giovane Fashion designer del Politecnico di Milano che ha ideato il modello.La vendita di queste calze d'arte (da oggi a Natale e alla Befana, fino a esaurimento stoccaggio, ogni paio costa 15 euro) è in biglietteria: il ricavato andrà a favore del progetto "La Moda Racconta" per la realizzazione dell'archivio tessile del museo, che ha già restaurato 100 capi dal guardaroba dei conti d'Arco e prosegue con i tessuti. I conti vestivano da dei dell'Olimpo. Nei loro guardaroba ci sono proprio le calze che hanno ispirato la start up e il designer. Seguendo la moda di Parigi, l'ultima discendente, la marchesa Giovanna d'Arco, a Mantova e nei secoli per gusto e raffinatezza fu seconda solo a Isabella d'Este.Ci sono abiti che non passano mai di moda, quelli di alta sartoria che si distinguono per la qualità dei tessuti e nei dettagli. "Vestiarte", l'iniziativa benefica ed ecologica del Museo di Palazzo d'Arco, è tornata con la terza edizione. Di solito il leitmotiv dice che noi siamo ciò che mangiamo. In questo caso «noi siamo ciò che indossiamo», ha detto Alberini, produttore insieme a Frignani di queste calze, senza elementi chimici, che trattano bene chi le indossa: un'arte delicatamente a contatto con la pelle. --G.S.