Terzo mandato, verso un emendamento

MANTOVA. La macchina organizzativa per le comunali del 12 e 13 giugno continua a incepparsi e ad andare a strappi. Questo avviene nei Comuni sotto i tremila abitanti (17 nel Mantovano) per i quali è in discussione il limite dei due mandati nella carica di sindaco. Visto il perdurante silenzio del Governo sull'argomento, parecchi si erano mossi già qualche settimana fa per le candidature. Il recente accordo tra i leader della Casa delle libertà e il premier Silvio Berlusconi per una modifica della vecchia legge ha poi di fatto richiamato in gioco i primi cittadini uscenti.
Infine, venerdi, un nuovo sussulto, con rimescolamento delle carte, non avendo il Governo approvato quel testo annunciato da Berlusconi che avrebbe dovuto consentire ai sindaci dei piccoli Comuni un terzo mandato.
A questo punto sono venute a creasi situazioni davvero singolari, come a Gazoldo, dove lo schieramento che punta a dare continuità all'attuale amministrazione, si è trovato in una condizione di stallo con due candidati sindaci.
Qualche problema è sorto anche in altri Comuni. A Casaloldo e a San Martino dall'Argine già circolavano voci insistenti di designazioni ma tutto è stato bloccato dalla ventilata rimessa in corsa dei primi cittadini. Ora, nell'incertezza del momento, nessuno azzarda previsioni su chi punterà veramente alla massima carica municipale.
Peraltro ancora non si sa se il mancato varo da parte del Governo della modifica di legge sia definitivo o se l'approvazione sia stata semplicemente rinviata alla prossima seduta. Non è nemmeno da escludere che il si al terzo mandato venga direttamente dal Parlamento, allorchè si passerà alla riconversione del decreto sulle elezioni o si esaminerà la proposta di legge da tempo presentata e tuttora in attesa della discussione. Resta il fatto che interessati al provvedimento sono in molti e di varia collacazione politica, per cui si potrebbe arrivare a una maggioranza trasversale. Tra i più decisi fautori alla camcellazione del vincolo dei due mandati si trovano i rappresentanti della Margherita e dell'Udc.
Al primo schieramento appartiene Giuseppe Torchio, presidente regionale dell'Anci e della Consulta nazionale dei piccoli Comuni. «Il presidente del Consiglio - dice Torchio con vivo disappunto - si è rimangiato la parola data. Ma, come dicevano i romani, ‘pacta sunt servanda', i patti sono da rispettare. Mentre trova il tempo di parlare dei politici che rubano, Berlusconi non ce la fa ad occuparsi di questioni che riguardamo tanta gente. In questi giorni ho ricevuto decine di telefonate di senatori e deputati indignati. Il clima di nervosismo è fortissimo anche nalla maggioranza».
Bruno Tabacci, personaggio di spicco dell'Udc, è più pacato nel commento ma non meno determinato. «Quella del mancato varo del provvedimento - aggiunge - ha costituito una sorpresa negativa, visto che c'era l'accordo tra i partiti e che l'eccezione per i picoli Comuni era effettivamente accettabile. Sinceramente non so cosa sia successo. L'Udc preparerà un ememdamento da inserire nel decreto da convertire in legge. Vedremo che accoglienza avrà la nostra iniziativa in Parlamento».