Alighieri passò da Mantova

Tutto comincia con un «existente me Mantue», che tradotto vuol dire ‘mentre me ne stavo a Mantova'.
A scrivere è Dante Alighieri all'inizio della ‘Questio de aqua et terra', il problema dell'acqua e della terra, una conferenza tenuta domenica 20 gennaio 1320 a Verona nella chiesa di Sant'Elena davanti al clero di quella città, tranne alcuni «che non accettano i pareri altrui», scrive Dante, e «si guardano bene dall'intervenire ai loro discorsi», vale a dire gli invidiosi.
L'argomento, per eruditi, trattava in latino di una di quelle questioni dette di lana caprina, in questo caso il rapporto fra l'acqua del mare e le terre emerse in relazione alla caduta di Lucifero dal cielo.
Oggi la ‘Questio' ha interesse solo di documento di cultura per quanto attiene alla storia della scienza medievale, nonostante Dante non abbia tutti i torti ad attribuire a una gibbosità l'emersione della terra dall'acqua, anche se poi ne riconduce la causa all'influenza del cielo stellato, come già aveva fatto nel secondo canto del Paradiso per spiegare la ‘vera ragione' delle macchie lunari, che altro non sono poi che i mari e i monti lunari di cui nel 1610 scrisse scientificamente Galileo Galilei nel ‘Sidereus nuncius', che nel 1611 venne contestato a Mantova dai gesuiti. Ma quello delle influenze celesti è un ‘vizio' di Dante, che nei versi 121-124 del trentaquattresimo canto dell'Inferno attribuisce alla caduta di Lucifero il raggruppamento delle terre nell'emisfero boreale e la preponderanza delle acque in quello australe: «Da questa parte cadde giù dal cielo; / e la terra, che pria di qua si sporse, / per paura di lui fé del mar velo / e venne a l'emisperio nostro...», vale a dire che Lucifero cadde nell'emisfero australe e la terra che c'era da quella parte, per paura di Lucifero che precipitava, si inabissò nel mare per poi riemergere nel nostro emisfero. Comunque sia, quell' ‘existente me Mantue' dice che Dante passò dalla nostra città, che già aveva reso immortale nel ventesimo canto dell'Inferno, cantandone le origini attraverso le peripezie delle maga Manto, sulle cui ossa morte i suoi servi edificarono Mantova.
Alcuni versi si trovano su una lapide posta in viale Mincio, sulle mura oltre le quali c'è piazza Virgiliana: «Li uomini poi che'ntorno erano sparti / s'accolsero a quel luogo, ch'era forte / per lo pantan ch'avea da tutte parti. / Fer la città sovra quell'ossa morte; / e per colei che il luogo prima elesse, / Mantua l'appellar sanz'altra sorte». Un'altra lapide, coi versi del sesto canto del Purgatorio ('Venimmo a lei: o anima lombarda" ecc.) in cui Virgilio incontra Sordello, era posta sulla facciata del palazzo Castiglioni, in piazza Sordello.
Alcuni anni fa fu rimossa. Dovrebbe trovarsi alla corte Castiglioni, a Casatico. Forse potrebbe tornare a Mantova e trovare posto su qualche palazzo di piazza Sordello?
Gilberto Scuderi