Cristo consolatore dei nostri insuccessi
«Pietro disse: 'Maestro, abbiamo pescato tutta la notte e non abbiamo preso nulla, ma sulla tua parola getterò le reti. E presero una gran quantità di pesci". Pietro in ginocchio disse: 'Signore allontanati da me peccatore" ».
Luca 5
Pietro, provetto pescatore, è tornato dopo una notte sul lago avvilito e a testa bassa; forse una notte cosi non se la ricordava da tempo.
E subito il comando a gettare le reti da parte di uno che di pesca non doveva proprio saperne. Ma c'è rispetto grande e obbedienza: «Sulla tua parola getterò le reti». Questa frase ha creato un avvenimento di stupore, perché avendolo fatto presero una «quantità di pesci e le reti si rompevano». Perché non andare un attimo ai cinque sassi presi nel torrente dal giovane Davide dopo aver rifiutato le armi più sicure di Saul, ma li teneva in mano di fronte al gigante Golia «in nomine Domini», nel nome del Signore. In questo Vangelo è bello giungere a Dio attraverso l'umanità di Gesù, uomo delle strade e amico con i suoi gesti pubblici, a volte imponenti a volte semplici, come la carezza su un bambino; mentre ci attardiamo un momento, Pietro è già in ginocchio davanti a Cristo come un povero peccatore» e Cristo che lo conforta cambiando l'insuccesso della pesca per una pesca diversa: «Non temere, d'ora in poi sarai pescatore di uomini». «Tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono».
La storia volta pagina e questa è la «prefazione» del libro della Chiesa. Gesù infonde il coraggio di non arrendersi mai, di continuare a passare gli abissi del cielo fino a «bruciarsi gli occhi del cuore», come ha scritto padre David Turoldo, e l'uomo, con Cristo, supera infinitamente l'uomo, cioè ha oltre se stesso l'ultima risposta. Perché la chiamata non viene da un freddo calcolatore o da un provetto direttore d'azienda, ma Egli è l'imprevedibile, e il bello è che c'è chi come Pietro e Andrea lascia le reti per seguirlo prontamente; è questo andare con Cristo contro ogni logica, per fare il pescatore di una preda che può non «abboccare» e poi anche tradire... ma c'è la missione e il gusto di essere io prete e voi cristiani. Ecco dove ogni insuccesso può essere consolato. Perché una volta che l'abbiamo trovato, e questo è un sincero augurio, accontentiamoci di Cristo.
Perché se a qualcuno non basta Dio quale altra realtà potrà mai essergli sufficiente nel mondo? Pensando a questo, mi viene in mente il celebre canto di S. Teresa, messo in musica e cantato da Mina: «Nulla ti turbi. Nulla ti spaventi, a chi ha Dio non manca nulla. Basta solo Dio. Tutto passa, Dio non cambia». Solo su questa linea, come Pietro, sperimentiamo il nostro nulla e viviamo, assaporandola, la «vicinanza» del Signore. Il Santo Curato d'Ars ha scritto nel catechismo: «Gesù Cristo è pronto a fare la nostra volontà se noi cominciamo a fare la sua». Possiamo notare che cammino ha fatto compiere a Pietro il Cristo per fargli capire che non lui, ma il Signore doveva diventare il centro dei suoi interessi. Un discepolo che non sentiva Dio come punto di riferimento, fu invitato da un maestro di spirito a mettere la testa sott'acqua. Si dibatte il giovane e poi viene a galla. Richiesto di che cosa avesse desiderato di più mentre era sott'acqua, rispose senza incertezze: «L'aria». Se desideri Dio allo stesso modo e cosi pure la sua parola, sei a posto! Il bisogno di Dio come una necessità fisica, come la fame, come la sete... «Come il cervo anela ai corsi d'acqua, cosi l'anima mia ha sete del Dio vivente»: un saluto di freschezza! Non i surrogati ma la fiducia in Dio. Non «in piedi», sicuri della propria esperienza della pesca, ma «in ginocchio». Ti adoro dall'abisso del mio niente, leggo e prego da una visita al Signore di S. Alfonso. E conoscendomi non c'è che da appoggiarsi a Lui nostra forza. Deboli, miseri ma in ginocchio si è confortati, perdonati e si ottiene molto. Lo affermava Seneca di quel gladiatore che «caduto a terra combatteva in ginocchio». C'è da confermare le proprie forze!
Don Roberto Fornari